“Non parlategli di derby. Non gli interessa. Poco importa che lui sia di Sevegliano, Del Neri di Aquileia e Pozzo di Udine, cioè friulani doc nello spazio di neppure cinquanta chilometri. Maurizio Zamparini è nato cittadino del mondo, tutta colpa, o merito, degli zii di Scozia. Furono loro, infatti, a portargli il primo pallone di cuoio e il presidente, visto che era suo, faceva le squadre e sceglieva i giocatori. Come oggi. Se il motto di Pozzo è “meglio incassare che vincere”, ovviamente una provocazione, la posizione di Zamparini è l’esatto contrario. «Pozzo, dal punto di vista tecnico, è il miglior presidente che l’Udinese abbia mai avuto. E bisogna andarne fieri perché questa cittadina di centomila abitanti ha una squadra in Serie A. Complimenti dunque. Pozzo ha la fortuna di un figlio che fa l’imprenditore del calcio. È tutto diverso. Loro vivono all’interno della società e stanno sempre in sede. E fanno dell’Udinese una vera e propria attività, Io vado a Palermo raramente, per me il Palermo è passione». Siamo nell’era del calcio globale, ma il derby ha sempre un suo fascino. Meno che per Zamparini che caso mai il vero derby lo ha avuto con Pozzo anni fa quando, fatto il compromesso, presentate fidejussioni e garanzie, fu ad un passo dal prendere l’Udinese. Pensando che volesse scippargli la società, Pozzo cambiò atteggiamento. Ma non è questo il punto. Per Zamparini, soprattutto ora, è il risultato che conta. «Palermo-Udinese non mi ha mai eccitato … Una partita come le altre … Da ragazzino, quando giocavo attaccante nel campetto del paese e fino ai venti, venticinque anni tifavo Udinese». Fu proprio per i suoi tredici anni, che l’Udinese vinse gli spareggi contro il Palermo per restare in A, anno 1954. Ricordi ingialliti. «Adesso sono il Palermo e se arriva l’Udinese è come affrontare il Verona o l’Atalanta. Nessun’altra emozione. Il derby è un tipo di partita che non sento. Sono stato solo coinvolto dai tifosi palermitani per Palermo-Catania, ma in generale il campanilismo non mi esalta. Gli avversari sono tutti uguali». Uno sport sempre più nel mirino degli investitori stranieri. «È il dinamismo e non solo del calcio, un cambio generazionale. Prima, i presidenti avevano un ritorno politico, gli imprenditori erano italiani e nella ricostruzione del paese mettevano dentro il calcio per una questione di immagine e per opportunità di lavoro. Nel mondo di oggi c’è la globalizzazione anche degli investimenti. E con la crisi è chiaro che gli uomini d’affari arrivino da tutte le parti. Industriali da accogliere a braccia aperte e con il tappeto rosso perché portano ricchezze e prospettive di occupazione. Il calcio inglese è diventato il primo del mondo. E non sono più i cinesi che ci portano via le fabbriche a Prato o a Carpi…». Del Neri a Palermo mangiò il panettone ma a fine gennaio, dopo la sconfitta casalinga con il Siena, venne sostituito da Papadopulo. Era la stagione del dopo Toni. Qualcosa non funzionò, probabilmente l’intesa fra il presidente e il tecnico mai in sintonia tanto che oggi Zamparini naviga nel vuoto di quell’episodio e dei tanti cambi di allenatori… : «Del Neri? Non ricordo proprio bene, forse i risultati (cinque sconfitte in sette partite, ndr). Mi è rimasta l’impressione di una persona molto per bene e di un ottimo allenatore peraltro sempre stimato, tanto che lo avevamo contattato per il dopo Iachini». «Il periodo di Palermo fu un fallimento», confiderà Del Neri anni dopo. E anche Zamparini ammetterà: «Allontanarlo, un errore…». Intanto l’anno scorso, momenti di tensione nel drammatico finale per le provocazioni di Zamparini nei confronti del Verona accusato di non avere dato il massimo nei minuti finali contro il Frosinone. E salvezza, con grande festa, ottenuta dai rosa proprio sul filo di lana contro il Verona di Del Neri. de Zerbi. Acqua passata. Oggi il futuro si chiama De Zerbi più solido che mai sulla panchina malgrado il doppio 1-4. Con un Palermo che, contro l’Udinese, rispetto al passato, ha cambiato tradizione e dai pesanti e rovinosi scivoloni interni è passato al doppio e decisivo successo dello scorso campionato. «Provvidenziale e anche un po’ fortunato … Almeno a Udine. In casa ci diede coraggio. Era l’avvio di Schelotto. Speriamo di ripeterci, per noi è una partita molto importante. Siamo tartassati dagli incidenti, difesa ko, Trajkovski e Balogh ancora fuori, Quaison appena rientrato. Altri giocatori in infermeria. Credo sempre in questo allenatore e nel fatto che ci riprenderemo. Ma bisogna fare in fretta. È questo il problema. Credere nel progetto è fondamentale. Tre anni fa, siamo retrocessi con una squadra più forte di oggi proprio per mancanza di convinzione». Diamanti? «Diamanti mi è sempre piaciuto ha una certa età, va centellinato, stesso discorso di Gilardino, un… diamante da mostrare al momento opportuno. Non da sfiancare. Come fantasisti alla Cassano (ritorno di fiamma? O solo un esempio?, ndr). De Zerbi non è integralista, deve crescere e convincersi. E continuare alla sua maniera. Sta lavorando benissimo. Ho avuto allenatori inesperti che si sono imposti come Spalletti, Prandelli, Zaccheroni. Non ricordo un altro Palermo giocare con questo atteggiamento e con spavalderia»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.