“Fosse in vendita, lo acquisterebbe. Per portarlo dalla sua parte. In fondo un brasiliano doc e quello che manca. Però Paulo Coelho non è in vendita e non gioca a pallone. E non fa il presidente alla Trapattoni o il consulente alla Di Marzio. Paulo è poeta e scrittore, caso mai non un collaboratore alleato ma la coscienza di Zamparini. E gli uomini li conosce.: “Una cosa è pensare di essere sulla strada giusta, tutt’altra credere che la tua strada sia l’unica. L’arroganza può portarci a umiliare un nostro simile. L’eleganza ci insegna a camminare nella luce”. Cosi Coelho. Arroganza? Che cos’è l’arroganza? Superbia, ritenersi superiore nei confronti del prossimo, senso di impunità, non tenere in nessun conto proposte o richieste degli altri, anche se giuste. Folle e calcolata convinzione? misterioso sonnambulismo? Perché Zamparini, nei comportamenti, è insieme lupo e agnello. Come, nell’esternazione di Coccaglio nella quale ammette alcuni storici errati, ad esempio la sua reazione d’istinto nella lite tra Ballardini e Sorrentino, dimenticando che i guai sono cominciati dall’assurdo licenziamento di Iachini; e che offendere pubblicamente gli allenatori non ha nulla a che vedere con il suo diritto-dovere di prendere le decisioni. Zamparini sa tacere. Se le cose vanno male. Usa il garbo e il dialogo se si trova in situazioni imbarazzanti. Ma non convince più i tifosi sicuri ormai che la sua avventura sia ai titoli di coda. Quando nel 2002, Zamparini arrivò a Palermo mise subito in chiaro che non avrebbe tollerato violenze di alcun tipo, altrimenti sarebbe andato via. Giusto, l’esempio che mancava. E i tifosi lo hanno seguito nella voglia di conquista. E i tifosi lo hanno seguito nella voglia di conquista, in Europa, nei suoi sfoghi contro i Toni e Corini, nel delirio di Delio Rossi, nella sfortunata finale di Coppa Italia, nella B e nella resurrezione. E si sono adeguati. Fino al…tradimento, cioè alla negazione del progetto che li aveva contagiati e illusi. A quel punto la spaccatura netta, totale. E una guerra di posizioni che piano piano si è trasformata in striscioni, cori e offese; e, allo stadio, in botti, fumogeni, lanci di seggiolini e rubinetteria che hanno portato alla dura decisione del giudice sportivo. Un’altra mazzata, un segnale, la vendetta. Zamparini vuole andare via? No, saremo noi a spodestarlo. O qualcosa del genere. Il presidente non crede più nella città; i tifosi non credono in lui. La fine di un idillio . A meno che Zamparini non riesca nel miracolo di salvare il Palermo e di riprogettare […]”. Questo quanto scrive l’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.