Corriere dello Sport: “Vincono gli arbitri. Sciopero e «baffo»”
Il Corriere dello Sport in edicola oggi approfondisce una delle tematiche più delicate del momento nel mondo del calcio dilettantistico: lo sciopero degli arbitri nel Lazio. Un gesto forte, nato dalla necessità di dire basta alle aggressioni ai direttori di gara, che coinvolge circa 950 partite e lascia a casa 35.000 calciatori.
L’analisi del quotidiano esplora le ragioni di questa protesta, l’estensione simbolica del “baffo nero” su scala nazionale e le riflessioni di Marco Guida, arbitro internazionale che racconta la propria esperienza personale con episodi di violenza.
Un weekend senza calcio dilettantistico nel Lazio: circa 950 gare, dalle categorie giovanili all’Eccellenza, non si disputeranno, lasciando 35.000 calciatori a casa. Il motivo? La protesta degli arbitri contro le continue aggressioni, spesso rivolte a ragazzi giovanissimi, spinti da una passione mal retribuita ma fondamentale per il funzionamento del calcio.
Un gesto di solidarietà nazionale
L’AIA ha deciso di estendere il gesto simbolico del “baffo nero” a tutti i direttori di gara italiani, dalla Serie A ai campionati giovanili. Un segno di vicinanza alla base, come ha sottolineato Marco Guida, arbitro internazionale: «Non si può rischiare la vita per una passione. Tutta la CAN è vicina al CRA Lazio e ai giovani arbitri colpiti da questa violenza».
La decisione del Lazio
Dopo un incontro tra i presidenti delle sezioni arbitrali, il CRA Lazio e la LND regionale, è stato ufficializzato lo stop alle designazioni per il fine settimana. Un “momento di riflessione”, come definito dal presidente dell’AIA Carlo Pacifici, che ha trovato anche il sostegno delle istituzioni, con l’assessore allo Sport di Roma Capitale, Alessandro Onorato, che ha espresso solidarietà ai giovani direttori di gara.
L’esperienza di Marco Guida
Guida, che ha vissuto un episodio di violenza durante una gara di Eccellenza in Campania, ricorda la forza con cui superò quel momento: «Pensai che quell’episodio era figlio dell’ignoranza e che questa non poteva fermare la mia passione». La sua testimonianza ribadisce l’importanza di una risposta collettiva per combattere un fenomeno sistemico.
Cosa fare per il futuro
Il messaggio è chiaro: serve un impegno congiunto da parte di tutto il sistema calcio, dai media alle società sportive, per promuovere il rispetto delle regole e fermare la violenza. L’AIA, attraverso progetti educativi nelle scuole, si impegna a diffondere la cultura della legalità, ma è necessaria una mobilitazione generale per proteggere i giovani arbitri e il futuro del calcio dilettantistico.
Questa protesta rappresenta un gesto coraggioso e necessario, che deve tradursi in azioni concrete per evitare che simili episodi continuino a ripetersi.