Corriere dello Sport: “Verona, scatta il processo alla curva”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla situazione relativa alla curva del Verona dopo lo striscione incriminato contro Napoli.

Mentre la vergogna travolge Verona, la città dell’amore, esponendola alla gogna mediatica, l’opinione pubblica si spacca tra chi chiede una pena esemplare e chi ritiene che un manipolo di estremisti non possa rappresentare l’intera tifoseria. Nel mezzo c’è il terreno nel quale si muove la giustizia sportiva, che applicando le regole potrà spostare di poco il confine tra l’indignazione e il garantismo.

GIUSTIZIA. Le coordinate per bombardare Napoli, con tanto di bandierine russe e ucraine a completare il terribile messaggio, restano comunque una macchia impossibile da cancellare. Non potrà intervenire in tal senso il giudice della Serie A, Gerardo Mastrandrea, poiché lo striscione firmato dalla Curva Sud scaligera è stato posizionato fuori dallo stadio. E lì può muoversi soltanto la polizia (la Digos sta lavorando per identificare gli autori e punirli con il Daspo, ma la procura della Repubblica potrebbe addiritura aprire un’inchiesta per istigazione a delinquere). Ciò che può fare il calcio, invece, è relativo ai cori razzisti registrati durante la partita dagli ispettori federali. Il documento è nelle mani del giudice che oggi si pronuncerà, chiedendo un supplemento di indagine o procedendo subito sulla base degli atti di cui è in possesso. La sensazione diffusa è che l’Hellas se la caverà con la “pena sospesa”, una condizionale concessa a chi ha la fedina pulita su quel preciso caso d’imputazione: la chiusura del settore dal quale sono provenuti i cori, cioè la Curva, avverrebbe solamente (per 2 turni) in caso di seconda infrazione di matrice razzista, se commessa entro 12 mesi dal primo episodio. I gialloblù sono stati sanzionati tre volte in stagione (Napoli-Verona, Verona-Cagliari e Verona-Salernitana) con tre multe da 10.000 euro ciascuna, ma sempre in merito a cori di discriminazione territoriale. In due casi (Napoli e Salernitana) il club ha vinto i ricorsi nei successivi gradi di giudizio grazie alle cosiddette “esimenti”, come la collaborazione con le forze dell’ordine o la dissociazione degli altri tifosi. I fatti di domenica sarebbero quindi i primi a essere inquadrati nell’ambito della “discriminazione razziale”, un reato ben più grave; qualora fossero nuovamente etichettati come insulti “territoriali”, invece, arriverebbe l’ennesima multa per responsabilità oggettiva.

CONDANNE. Attenzione però alla rilevanza ormai internazionale della faccenda: Mastrandrea potrebbe decidere di appesantire la sanzione per dare un segnale, esponendo però la Lega a un ricorso scontato. A prescindere dagli aspetti legislativi, anche ieri il mondo dello sport e la politica hanno condannato l’episodio. Molti osservatori hanno segnalato la “debolezza” della presa di posizione dell’Hellas, che si è limitata a un tweet generico contro l’odio senza però citare lo striscione. Viceversa, sul sito gialloblù è stata rilanciata la campagna “Hellas 4 peace” per sensibilizzare alla pace in Ucraina. A differenza del sindaco di Napoli, Manfredi, che si è detto «inorridito insieme a tutti i napoletani da quella immagine», la società azzurra ha preferito non commentare. Un fatto che ha infastidito i tifosi: alcuni hanno testimoniato sui social l’inferno vissuto al Bentegodi, tra insulti e minacce. Potrebbe esserci in ballo anche una questione di solidarietà tra alleati. I rapporti tra i patron dei due club, Setti e De Laurentiis, sono ottimi al punto che i due formano quasi un fronte compatto – del quale fa parte anche Lotito – in opposizione all’attuale governance federale. Sono i tre presidenti colpiti dalla norma contro le multiproprietà, voluta da Gravina.