L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sullo United e sul nuovo sponsor.
Le notizie sulla vendita del Manchester United scatenano ipotesi disparate sul prezzo e l’identità dei possibili acquirenti. A fianco di una cordata (non si sa quale) perfino David Beckham sarebbe pronto a scendere in campo e sarebbe un ritorno suggestivo per i tifosi, dopo quasi vent’anni di guerra strisciante con gli odiati proprietari americani della famiglia Glazer. Un candidato naturale sembra il miliardario britannico Jim Ratcliffe, fondatore del gruppo petrolchimico Ineos, che già in passato aveva mostrato interesse per il club. Ma anche le cordate americane sconfitte nella gara per il Chelsea potrebbero puntare i fari sui Red Devils.
Secondo il Times, non va escluso l’interesse di gruppi come Amazon e Meta: sarebbe una mossa epocale perché segnerebbe l’ingresso dei cosiddetti Faang (Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google) direttamente nel calcio e non più solo come distributori di contenuti. La stampa popolare azzarda perfino l’interesse di Apple, ipotesi fantasiosa e difficile perché Apple è un’azienda industriale, ha costruito il suo successo sulla capacità di fabbricare e distribuire prodotti con un bilancio molto leggero, generando enorme liquidità che ha prima accumulato e poi iniziato a distribuire agli azionisti. Ipotizzare che possa bloccare risorse ingenti in un business che tende ad assorbire cassa, anziché a generarla, implicherebbe un netto cambio di strategia.
Nulla è impossibile, ma quanto vale lo United? Sulle notizie di una possibile cessione il titolo è schizzato del 47% raggiungendo 3 miliardi di capitalizzazione. Certamente ne occorreranno di più. Ne sono serviti 4,5 per acquistare il Chelsea che non ha la base di fan (1,1 miliardi, si dice) né i ricavi dello United, un’autentica macchina da guerra soprattutto nella generazione di fatturato commerciale (sponsor e merchandising in tutto il mondo). Il Chelsea ha sempre faticato a pareggiare il bilancio mentre lo United ha una storia di utili, interrotta solo dagli stenti degli ultimi tre anni. La famiglia Glazier lo acquisì nel 2005 per 790 milioni di sterline, prezzo finanziato caricando il club con 500 milioni di debiti allo scopo di sfruttarne l’enorme capacità di generare cassa per pagare interessi, dividendi e rate dei prestiti. Ciò ha sempre alimentato il malcontento dei tifosi che hanno visto azionisti drenare negli anni quasi 200 milioni sotto forma di dividendi e compensi oltre ai cospicui interessi da pagare, mentre l’investimento nella squadra era pari a zero perché le costose campagne acquisti erano finanziate con denari autogenerati dal club. La stampa finanziaria ipotizza un prezzo da 5 miliardi (pari alla valutazione data dal fondo Silverlake ai meno nobili cugini del City) ma più facilmente si cadrà sui 6-8 miliardi e qualcuno azzarda una forchetta 9-11. Come sempre, il prezzo di un club è difficile da stabilire anche per le caratteristiche di unicità che rendono un brand come lo United una preda da trofeo (trophy asset).