Questa sera l’Italia di Mancini farà il suo debutto in campo. Il Ct è pronto e per questa sua prima volta schiererà una formazione del tutto inedita e molto giovane, con la speranza che questi calciatori possano crescere ed essere protagonisti per la qualificazione al prossimo Europeo. Di seguito quanto scrive l’edizione odierna de il “Corriere dello Sport”:
“Stanno lavorando, qui nell’Appenzello, angolo elvetico-tedesco con una grande tradizione tessile secolare, a un progetto concettuale in tinta con le scenografie di questi luoghi pastorali, che scivolano verso il lago di Costanza. Si chiama Bignik-Tuch, e consiste nel cucire insieme, anno dopo anno, 252.144 coperte-tovaglie, per lo più a scacchettoni bianchi e rossi, in numero pari agli abitanti di questi ameni territori. Un manufatto capace alla fine di coprire una superficie pari a 100 campi di calcio. Ogni anno, a giugno, intorno a San Gallo srotolano questo incredibile lenzuolone per vedere l’effetto che fa. Si sono dati tempo fino al 2040, quelli della Regione, ente finanziatore, per finire l’opera. In quei giorni, Roberto Mancini, ultranovantenne, se ne avrà voglia e se Dio vorrà potrà venire a fare un picnic in ricordo del suo esordio da commissario tecnico azzurro, previsto per oggi.
CONCETTI. Una cosa è sicura, concettualmente: il suo progetto tecnico ha tempi stretti, filo per tessere ce n’è poco e il clima intorno alla Nazionale non è quello di una allegra scampagnata, dopo la legnata tra capo e collo rappresentata dall’eliminazione mondiale. Basta fare mente locale: la prima volta italiana contro l’Arabia Saudita, 67ª squadra del ranking Fifa, coinciderà con un test in preparazione all’ormai imminente torneo iridato in Russia. Bene, sono gli arabi quelli qualificati, non noi. Sono loro, capaci di cambiare tre ct in pochi mesi (da Bert van Marwijk a Bauza fino a Pizzi), che si sono comprati per 1,2 milioni di dollari uno sparring partner blasonato, seppur attualmente in disgrazia.
RINASCITA. Senza andare ai massimi sistemi, nella stagione del Commissariamento diffuso tra Figc e Lega, tocca al neo commissario tecnico Mancini provare da subito a rimettere insieme i cocci del calcio italico senza futuro politico scritto. Dalle mani di Ventura, il Mancio Nazionale ha ereditato una squadra che viene da una stagione da buttare, iniziata con la shampata in Spagna, madre di tutti i problemi a seguire, e arrivata alle amichevoli di marzo (con Argentina e Inghilterra), affidate a un ct ad interim, Di Biagio, come accaduto solo nel 1958 in una situazione analoga. In questo arco di tempo, culminato con lo spareggio novembrino perso con la Svezia (1-0 a Stoccolma, 0-0 a Milano) l’Italia ha giocato 8 partite, cadendo quattro volte, pareggiando due e vincendo solo con Israele, a settembre e con l’Albania, lo scorso ottobre, ultimo successo azzurro. Restando ai numeri, solo 4 i gol segnati (Immobile, Candreva, Chiellini e Insigne), e ben 8 quelli subiti. Vi basta? Aggiungiamo la fine del ciclo di gloriosi pilastri nazionali, uno su tutti, Gigi Buffon, che ha chiuso per l’altro la sua avventura azzurra ventennale con una scia agra, figlia del momento.
RICETTA. E Mancio? Intanto ci ha messo faccia e entusiasmo, anche in solido. Partirà con “tre tempi”, culmine contro la Francia a Nizza, una rosa ridotta da una decina di indisponibili pesanti, la volontà di testare i giocatori più giovani, proponendo al debutto una delle formazioni con un’età media tra le più basse degli ultimi lustri, intorno ai 25 anni, e ricucendo la ferita azzurra Balotelli, dopo 4 anni, dimostrando di non temere le sfide. I suoi debutti da allenatore sono quasi sempre stati felici, se si esclude l’incubo Chievo, nato alla prima con Lazio e Inter. Quando tornò a Milano, finì 1-1 col Milan. A livello internazionale non ha mai perso: ok col City e con lo Zenit, un pari pesantissimo con la Juve in Champions col Galatasary. E finì 2-2 la sua prima partita da allenatore: Perugia-Fiorentina (11 marzo 2001). Il primo gol glielo segnò Chiesa, Enrico, padre di Fede, che lui ha chiamato nella sua Nazionale. Perché nel calcio succede che tutto si tiene, come fosse un Bignik-Tuch”.