“L’Olympique non è solo un avversario, un ostacolo da superare per la qualificazione, un passo verso il sogno Champions che ha orientato la scelta bianconera. L’Olympique Lione, per Miralem Pjanic, è un album da sfogliare, un’isola di ricordi e di emozioni. Arrivò appena diciottenne, dopo aver scalato il Metz fino alla prima squadra, una stagione per stregare la Francia e proporsi come uno dei migliori talenti d’Europa. Jean-Michel Aulas investì 7,5 milioni, ripagati da tre stagioni d’alto livello, trampolino di una carriera in continua ascesa dipanata tra Roma e, adesso, Torino. «Ho un buon ricordo – sorride il presidente -: arrivò ch’era un ragazzo ed è diventato un grande professionista. Tecnicamente, è sempre stato superiore: molto simile a Juninho, magari non con la stessa tecnica di tiro, ma vicino. Un giocatore eccezionale».
STADIO. «E’ stato un passaggio importantissimo per la mia carriera – racconta il centrocampista bosniaco -: sono felice di tornare e ritrovare facce amiche. Molto, ovviamente, è cambiato: voglio congratularmi per lo stadio, davvero bello». C’erano, nel suo Lione, Karim Benzema, Anthony Reveillère e Hugo Lloris. C’era Fabio Grosso, campione del mondo azzurro, e Miralem lo guardava accarezzando un sogno più piccolo, ma per lui enorme: portare ai Mondiali la Bosnia, il Paese che sentiva suo pur essendo andato via bambino, fuggito in Lussemburgo con la famiglia dopo lo scoppio della guerra perché papà, calciatore, aveva rimediato un contratto. L’avrebbe realizzato, quel sogno, piangendo lacrime di gioia, ma allora era solo una promessa. Oggi Fabio Grosso allena la Primavera della Juve, capita che s’incrocino a Vinovo, e ogni tanto, immancabilmente, il ricordo di quell’Olympique è affiorato.
PROBLEMA. C’era anche JeanAlain Boumsang, che aveva giocato nella Juve: l’aveva voluto Didier Deshamps, gli aveva dato una mano a vincere la B, poi però s’era fatto male e aveva scelto di tornare in Francia: Miralem ascoltava i suoi racconti bianconeri, non immaginava, allora, di vestire mai quella maglia. E c’era Juninho, il mago delle punizioni che non nascondeva i suoi segreti a quel ragazzino educato e sveglio: si fermavano, dopo l’allenamento, a calciare in porta per ore, dai bordi dell’area o da più lontano, parabole morbide o legnate violente. Ha imparato, Miralem, è diventato uno specialista, anche se alla Juventus, finora, non ha trasformato nessun piazzato in oro. Sabato con l’Udinese C’è riuscito Paulo Dybala e allora è lecito chiedersi a chi dei due toccherebbe un’eventuale punizione dal limite: «Vediamo chi se la sente – risponde Pjanic -, può anche essere un altro compagno: tra noi non c’è alcun problema, l’importante è che la Juve abbia buoni tiratori».
DIFFERENZA. Sei anni dopo, Miralem è «un altro calciatore, più maturo. E’ bello tornare qui, ma l’unica cosa che mi interessa è aiutare la Juventus a vincere. Non sarà un mach facile, loro vengono da un periodo difficile, ma so, conoscendo questa realtà, che i momenti bui non durano mai a lungo. Ad ogni modo, noi vogliamo andare avanti: la doppia sfida con il Lione è importante per il futuro, guardiamo innanzitutto a questa che potrebbe già permetterci di fare un bel passo avanti». C’è anche tempo per l’elogio di Buffon: «E’ il nostro capitano, non penso stia attraversando un brutto periodo: resta il numero uno mondiale, saprà fare ancora la differenza». OBIETTIVI. A Lione, Pjanic scoprì anche la Champions – debutto contro il Barcellona, primo gol all’Anderlecht -, oggi è punto fermo di una squadra che punta a vincerla: «Sto bene e non sento nessuna pressione se non quella di dare una mano, come tutti, per raggiungere gli obiettivi del club».”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.