Corriere dello Sport: “Serie A, oggi Napoli-Inter, le probabili formazioni”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla gara in programma oggi tra Napoli e Inter.
Uno in panchina sembra divorato dai demoni e non c’è quasi serata che non venga chiusa senza filo di voce; e l’altro, nella sua sobrietà, nel suo ascetismo, pare avvolto esclusivamente dai propri pensieri, mentre invece è dentro i dettagli d’una sfida che gli appartiene. Quando Simone Inzaghi è arrivato all’Inter, ha intuito subito che si sarebbe portato appresso non solo il peso per l’addio sprezzante a Lotito ma che avrebbe dovuto sconfiggere i fantasmi del suo predecessore, il “Redentore” di un universo ancora frastornato dai ricordi del “Triplete”, con le tasche un po’ (?) svuotate e la giostra privata di Lukaku, Hakimi ed Eriksen. Luciano Spalletti, nel momento in cui mise piede al Napoli, nel proprio tour dell’anima s’è dovuto inventare vari ruoli, il pacificatore di una città stravolta dall’eliminazione dalla Champions all’ultimissima giornata – ma dopo averne perse nove – e però prima di calarsi nell’insolita funzione ha spazzato via le malsane abitudini del vittimismo di maniera, sopraffatto dalla propria autorevolezza.
In un’ora e mezza in cui si nasconde un lembo di scudetto, non di più, Inzaghi e Spalletti ci hanno trascinato le loro differenze, le proprie nature, le rispettive strategie (tattiche e pure dialettiche), una personalità che ognuno ha diffuso seguendo un linguaggio calcistico diretto, persino esageratamente. L’Inter campione d’Italia che Inzaghi si è ritrovata tra le mani ad agosto veniva comunque avvolta in una diffidenza percettibile, in una narrazione impregnata d’un pizzico di sottile pregiudizio preso a pallate attraverso un calcio divertente, stilisticamente delizioso, teoricamente in linea con ciò che appartiene al passato – quindi a Conte – però comunque personalizzato in un atteggiamento meno prudente, in una verticalità che parte dal basso ma è più evidente, nonostante fosse stata sgrossata della fisicità devastante d’un centravanti capace di spostare le montagne da solo e di trasformare una ripartenza in un taglio alla giugulare altrui. L’Inter non va soltanto da quinto a quinto, le sue traversate tranciano i fondali della metà campo, s’aggrappano alle sterzate di Calhanoglu e alla spensierata padronanza di Barella, s’appoggiano sulla consistente presenza di Brozovic, hanno tracce del recentissimo passato ma non si inchiodano ad esso, lo mutano e lo dilatano.
Al Napoli a cui Spalletti ha allargato immediatamente le proprie braccia è stato distillato un calcio magnetico, la seduzione d’un palleggio nello stretto per “rapire” gli avversari come se fossero dinnanzi al balletto di Uma Thurman e John Travolta, con quel fascino né pulp e né fiction ma semmai prossimo alla Grande Bellezza che ha ignorato la necessità d’un mercato parsimonioso ed ha fondato la propria ricostruzione sull’esuberanza di talenti evidentemente smarriti. Ma poi in quel laboratorio a cielo aperto è emersa una ricerca della sperimentazione ch’è stata utile per approvvigionarsi di capitali umani – Lobotka e Rrahmani – finiti ai margini d’un progetto del quale sono poi divenuti protagonisti.