Corriere dello Sport: “Serie A, nove panchine cambiate rispetto al campionato passato. Fiducia all’allenatore? Quando c’è di mezzo Zamparini fa sganasciare dalle risate”

“Si cambia per ricominciare. A fissare obiettivi, a sognare. Praticamente metà serie A quest’anno ha cambiato allenatore: 9 squadre su 20, siamo al 45%. Nessuno in Europa meglio (peggio?) di noi. In Bundesliga 6/18 (33,3%), in Premier e in Ligue1 nuovi 6/20 (30%), nella Liga 4/20 (pecentuale che si abbassa ancora, siamo al 20%). Si cambia per sentirsi vivi, in un mondo – questa nostra serie A – che brucia tutto in fretta e dove ogni novità è un file che si apre sullo schermo delle ambizioni. Partiamo dai numeri per raccontare l’ennesima rivoluzione in serie A: mai come quest’anno c’è stato il ribaltone delle panchine, basti ricordare che l’anno scorso i debuttanti erano due (Castori e Stellone), due anni fa uguale (Sarri e Pippo Inzaghi), tre anni fa erano quattro (Nicola, Liverani, Diego Lopez e Di Francesco). Scegliere un debuttante significa sperare che vada meglio di come è andata finora. I cambiamenti sono conseguenza della frenesia, ma – se vogliamo – nascono in un terreno fertile: la scuola di Coverciano funziona, mediamente il nostro allenatore ha una qualità di base sconosciuta a tanti colleghi stranieri. FRANK GOES TO APPIANO. E dunque: nove allenatori cominciano una nuova avventura, sono cinque i debuttanti. Il più atteso è Frank de Boer. Frank(ie) goes to Appiano Gentile. Non ha un compito facile. Dal 2010 ad oggi, cioè dall’era Post Mou, l’Inter ha cambiato sette allenatori: una centrifuga, svariati progetti abortiti, stanno a zero le gratificazioni. Si torna sempre al punto di partenza. De Boer arriva dallo scivolo lungo dei sei anni sulla panchina di casa, all’Ajax. E’ abituato a vincere, ma non è un modo di dire: su 187 partite ne ha perse solo 18, una ogni dieci, ha una media punti (2,23) che qui da noi lo porterebbe – olpà – a lottare subito per lo scudetto (84,74 punti potenziali, l’anno scorso sarebbe finito secondo dietro alla Juve). L’atterraggio pare positivo, ma l’olandese deve misurarsi con una realtà completamente nuova, in una società che sta cambiando pelle. Esattamente l’opposto di quello che capiterà a Giovanni Martusciello, esemplare di debuttante che non ha mai allenato una prima squadra. Però a Empoli Martusciello si piazza sulla scia di Sarri e di Giampaolo: ha studiato da loro, gli è stato vicino nella buona e nella cattiva sorte, ora è pronto per togliere le rotelline alla biciclettina. Curiosità: i tre che dalla B sono stati promossi hanno piantato la loro bandierina sulla serie A, due con la squadra con cui sono saliti (Rastelli e Oddo), il terzo (Juric) cambiando piazza e tornando lì dove si era imposto: Genoa per lui. Ci sono poi due «quasi debuttanti», sono Nicola e Simone Inzaghi: una ventina di partite in A per l’attuale tecnico del Crotone, quando stava a Livorno, sette invece le panchine del tecnico biancoceleste. Usciti di scena i due «grandi vecchi» Ventura e Reja, l’età media si è abbassata molto: la carta d’identità più datata ce l’ha Gasperini (58 anni), il più giovane è Inzaghi (40 anni, a ruota Oddo, di quaranta giorni più giovane). PANCHINE ROTANTI. Chiudiamo con un altro dato. Permanenza media di un allenatore su una panchina di serie A: 9 mesi. L’ha stabilito il l’Osservatorio Internazionale del calcio. Nove mesi, il tempo di un parto. Poi tanti saluti, ognuno per la sua strada. L’abbiamo detto: si cambia perché si pensa sempre che il prossimo sia migliore di quello che l’ha preceduto. Un’occhiata alla classifica dell’anno scorso aiuta a capire il perché: le prime tre (Juventus, Napoli e Roma) non hanno cambiato, se allarghiamo il discorso alle prime dieci ci accorgiamo che hanno cambiato allenatore in quattro, se consideriamo invece la classifica dal 10° al 17° posto (escluse quindi le tre squadre retrocesse) il dato che balza agli occhi parla da sé: cinque panchine su sette hanno cambiato proprietario, solo Bologna (Donadoni) e Palermo (Ballardini) hanno deciso di dare fiducia a chi aveva chiuso (ma non cominciato) il campionato, anche se parlare di «fiducia all’allenatore» quando c’è di mezzo Zamparini fa sganasciare dalle risate”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.