L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulle parole di Abodi il quale si sofferma a parlare della serie A e sul betting.
La prossima battaglia del calcio italiano è una scommessa, nel senso più stretto del termine. Da anni, ormai, i conti delle società indebitate non tornano più e il riconoscimento di una percentuale sul diritto d’autore (il famoso prelievo dell’1% sulle giocate) sta diventando una necessità del sistema non più rinviabile. Del resto, parliamo di soldi che le aziende guadagnano sulle spalle del calcio, di cui lo Stato beneficia sottoforma di tasse, ma sui quali i club non incassano un centesimo dai tempi del Totocalcio. E il buco comincia ad avere le sembianze di una voragine in regime di vantaggi fiscali aboliti e di costo del lavoro (leggasi stipendi dei calciatori) che continua a salire in barba agli appelli sulla sostenibilità. « Un tema all’ordine del giorno è la partecipazione alla catena del valore nella raccolta delle scommesse sportive da parte degli organizzatori di tutti gli sport. Vogliamo intervenire a supporto del calcio, non mortificarlo», è stata l’apertura del ministro per lo Sport, Andrea Abodi, durante gli Stati Generali dei Consulenti del Lavoro che si sono svolti ieri a Roma.
SCOMMESSE. Qualcuno in A si sta rendendo conto che anziché perseverare nella partita del decreto crescita – al momento persa, a meno che non spunti l’emendamento della svolta sotto il tappeto di chissà quale misura -, puntando al maxi-sconto sugli stipendi di calciatori stranieri, forse sarebbe più conveniente battere i pugni per ottenere quelle risorse che il sistema già genera in modo endogeno. Secondo il report calcio della Figc, nel 2022 la raccolta delle scommesse sul calcio in Italia è stata di 13,2 miliardi di euro (36,6 miliardi in tutto il mondo). «C’è una risoluzione dell’Ue che riconosce il diritto d’autore – la posizione spesso comunicata dal presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina – se si scommette per 16 miliardi di euro sullo sport e la maggior parte delle scommesse riguarda il calcio dobbiamo rivendicarlo attraverso delle forme di diritto». Altro tema è il ritorno della pubblicità legata al betting: il “decreto dignità” del 2018, voluto dal governo Lega-Cinque Stelle proibisce qualsiasi forma di sponsorizzazione diretta. Il fronte è aperto, ma anche parecchio contraddittorio; soprattutto perché in tv, prima e durante le partite, ci parlano di quanto convegna puntare su questa o su quella quota e perché il caso scommesse deflagrato in autunno (Fagioli, Tonali e non solo) ha dimostrato come un divieto non crei necessariamente una cultura diversa. Il diritto d’autore è una partita parallela, e qui l’inversione di rotta appare più matura.