L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sugli scontri ultras avvenuti sull’A1 domenica e sui provvedimenti che intende adottare il governo.
Volevano lo scontro. L’hanno studiato e organizzato nei dettagli, parlando in codice come fanno i veri criminali. A meno di 24 ore da quella violenza siamo già arrivati a quattro ultras arrestati. «Ci vediamo alla stazione di servizio Sandri», il messaggio che girava nelle chat degli ultras napoletani e romanisti coinvolti nella rissa che domenica ha paralizzato l’A1. E già questo riferimento mette i brividi, perché Gabriele Sandri alla stazione di Badia al Pino ha perso la vita in quel maledetto 11 novembre 2007, una data che ha cambiato per sempre la storia del calcio italiano. La “stazione Sandri”, per tanto tempo un luogo di preghiere e riflessioni, si è trasformata all’improvviso in un’arena di sangue e violenza.
180 IDENTIFICATI. Le belve inferocite sapevano, forse, che gli autogrill Arno e Montepulciano erano quelli maggiormente presidiati dalle forze dell’ordine. E così avrebbero cambiato ring a poche ore dall’incontro. Il primo bilancio degli inquirenti, arrivato ieri in seguito all’acquisizione delle telecamere e delle immagini registrate dai cellulari degli automobilisti sconvolti nel traffico, è da maxi-retata: 180 identificati, poco più di un centinaio di romanisti fermati a Milano e un’ottantina di napoletani intercettati a Genova. Ma secondo la polizia i responsabili sono almeno 300. Una task force composta da investigatori della questura di Arezzo e dalle Digos di Roma e Napoli sta lavorando per dare un nome e un volto a chi ha preso parte ai tafferugli.
In manette è finito per primo Martino Di Tosto, 43enne supporter romanista, coinvolto già in passato in incidenti; già oggi, in un processo per direttissima, dovrà rispondere dell’accusa di rissa aggravata. Di Tosto, “scaricato” come un pacco al pronto soccorso di Arezzo dai compagni (poi fuggiti a tutto gas), è stato ferito con più coltellate alla coscia e al polpaccio. Tra gli altri reati che potrebbero essere contestati ai tifosi ci sono quelli di interruzione di pubblico servizio, blocco stradale, danneggiamento e attentato alla sicurezza dei trasporti e della circolazione stradale. In quest’ultimo caso si rischia la reclusione da 1 a 5 anni. E ieri a Roma arrestati dalla Polizia altri due ultras e, in serata, in flagranza differita – grazie ad analisi video – è scattato l’arresto per un ultras del Napoli: è Antonio Marigliano, 35 anni, che abita nel quartiere San Giovanni a Teduccio. Ha precedenti di polizia ed è aderente al gruppo ultras “Brigata Carolina” della curva A del Maradona. Nei prossimi giorni, difeso dall’avvocato Emilio Coppola, Marigliano sosterrà l’udienza di convalida davanti al giudice.
RUGGINI. «Individueremo i responsabili – dice il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi – È stato un atto folle». E la follia è proseguita: nel capoluogo ligure, un’automobile con a bordo 4 ragazzi (il più giovane 22 anni, il più grande 28) e 3 spranghe non si è fermata all’alt della polizia, che al casello di Genova Nervi aveva istituito un posto di blocco nel pre-partita; la macchina ha accelerato sfondando il blocco, per poi fermarsi 500 metri dopo. Non è escluso che tra le cause dello scontro tra romanisti e napoletani ci possano essere sentimenti di vendetta per la morte di Ciro Esposito, ferito a morte da un ultras giallorosso, Daniele De Santis, il 3 maggio 2014 all’esterno dell’Olimpico prima della finale di Coppa Italia tra i partenopei e la Fiorentina. Queste due tifoserie, in passato gemellate, oggi si dichiarano pubblicamente nemiche.
PIANTEDOSI. Sui social e nei gruppi WhatsApp ieri sono circolati decine di audio di tifosi – testimoni diretti o indiretti – che ricostruivano l’accaduto, confermando quanto la tesi dell’appuntamento per picchiarsi sia una prassi consolidata nel mondo ultras. Basta non “esagerare”. «L’importante è che non ci scappa il morto», il motto adottato più o meno in tutta Italia. Il caso ha superato di certo i confini dello sport, tanto che diversi politici hanno promesso interrogazioni parlamentari e il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha convocato un incontro in Viminale domani a mezzogiorno con il presidente della Federcalcio, Gravina, e il numero uno della Lega Serie A, Casini. «Servono provvedimenti improntati a criteri di massima precauzione – ha spiegato Piantedosi – Non so se giuridicamente si può parlare di Daspo a vita. Succedono sempre meno episodi negli stadi, per compiere fatti violenti i tifosi si danno appuntamento lontano. Ne terremo conto, anche se costa tantissimo allo Stato predisporre misure di prevenzione lungo i percorsi». Uno strumento come il Daspo «è assolutamente insufficiente e andrebbe inasprito» è il pensiero di Valter Mazzetti, segretario generale Fsp Polizia di Stato. Secondo Enzo Marco Letizia, segretario nazionale dell’Associazione funzionari di Polizia, «molti dei provvedimenti emanati in passato sono giunti alla loro conclusione, per cui coloro che hanno già mostrato la loro propensione alla violenza sono ritornati nelle curve». Dal sindacato di Polizia Coisp è arrivata la richiesta al ministero di valutare la sospensione delle trasferte fino alla fine del campionato per le tifoserie violente.