L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul Processo Plusvalenze in particolar modo di Juve e Napoli.
Si sono detestate sul campo e sfidate nei tribunali. Ora giocano la stessa partita – in videocollegamento – cercando di far emergere dal “grande processo al calcio” un principio di mercato: se le parti si accordano per un prezzo, chi può dire che quella transazione è illegale? Juventus e Napoli ieri sono entrate a gamba tesa sulla procura della Figc, accusandola di «incompetenza» e di aver basato la propria accusa su un «metodo ignoto creato da otto commercialisti». Nella requisitoria di martedì, la procura aveva chiesto al Tribunale federale presieduto da Carlo Sica pene esemplari per 59 dirigenti di 11 diverse società: 16 mesi e 10 giorni di inibizione per Paratici, 1 anno per Agnelli e Ferrero, 11 mesi e 5 giorni per De Laurentiis, e così via. Più le multe, quasi simboliche. Il pool investigativo di Giuseppe Chinè ha fatto nomi e cognomi, definendo «gonfiate» e «fittizie» le plusvalenze del fascicolo e facendo scoppiare una bolla: in discussione non solo 51 operazioni, ma un certo modo di gestire i bilanci delle società.
JUVE. Ieri bianconeri e azzurri si sono difesi, come hanno fatto Campedelli, il Genoa, la Pro Vercelli e la Sampdoria. L’affondo del club torinese riguarda il metodo d’indagine, il modello applicato e l’ancoraggio a un sito, Transfermarkt, ritenuto non attendibile scientificamente (incrociando i dati, la procura ha tirato fuori da qui il famoso “valore rettificato” delle trattative). I legali hanno insistito sull’impossibilità nel definire a posteriori il costo di un’operazione di mercato, ma anche come sia riduttivo valutare un calciatore senza considerarne le prospettive: i 18 milioni per Rovella – spiega la Juve – nascerebbero proprio da questa visione. Oltre a Lorenzo Pozza, docente di principi contabili internazionali alla Bocconi, si sono collegati Paratici, l’ex uomo mercato bianconero, e l’attuale responsabile dell’area sportiva, Cherubini, il quale ha evidenziato la necessità di effettuare tante operazioni per alimentare anche il bacino della seconda squadra in C. Gli avvocati hanno portato alcuni esempi. Apa ha ribadito l’esistenza di un vuoto normativo, Sangiorgio ha citato il caso Chievo-Cesena (entrambe condannate per le plusvalenze, ma con le tesi sui valori dei cartellini rigettate), mentre Bellacosa ha applicato il metodo della procura a dei calciatori estranei all’inchiesta, simili per curriculum: Diallo, venduto dall’Atalanta per 21 milioni, e Leris, ceduto dal Chievo per 2,1; secondo i parametri dell’accusa, i due avrebbero avuto la stessa valutazione.
NAPOLI. Tiene sempre banco il tema del vizio di forma, sollevato anche ieri: una comunicazione tra Covisoc e procura sulle plusvalenze che Chinè non ha messo agli atti, ritenendola “non pertinente”. Anche il Napoli, indagato per l’operazione con il Lilla per Osimhen, ha alzato la voce. «È stato pagato semmai troppo poco – ha detto il legale Mattia Grassani – visto che dopo 45 partite giocate vale di gran lunga più di 100 milioni. Il Napoli e i suoi dirigenti vanno prosciolti». L’avvocato ha ribadito che «ricorrere a plusvalenze fittizie per 20 milioni sarebbe da kamikaze. Se esistesse un tariffario non avrebbe più senso il calciomercato». Oggi pomeriggio la sentenza, poi gli inevitabili ricorsi in appello.