Corriere dello Sport: “Pirateria televisiva, ora tocca ai clienti. De Siervo: «Una svolta epocale»”
L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” si sofferma sulla lotta alla pirateria. I 223 furbastri colti con le mani nel “pezzotto” o a scaricare software illegali che ieri sono stati denunciati – per la prima volta – dalla Guardia di Finanza rappresentano in verità una minuscola avanguardia di quell’esercito di truffatori che fino a ieri si nascondeva dietro l’alibi di chi altro non può fare, perché così va il mondo, gli abbonamenti del calcio in tivù sono troppo cari e allora bisogna pure arrangiarsi. Mica vero. O meglio: poi se ne pagano le conseguenze. Ora i 223 responsabili di aver acquistato abbonamenti pirata su Internet – reato di ricettazione – rischiano 25.000 euro di multa, la reclusione fino a 8 anni e la confisca di tv, pc o smartphone. E’ una tappa – aver identificato e denunciato i clienti – che ribalta la prospettiva e (forse) segna l’inizio di un nuovo codice comportamentale. Parliamo di pirateria applicata al calcio televisivo, di organizzazioni criminose che trasmettono i segnali criptati in maniera fraudolenta e di un folto pubblico che – ignaro o meno delle conseguenze penali – si abbuffa alla tavola apparecchiata. E’ stato calcolato che in Italia ci sono circa 2 milioni di utenti che guardano la tv a scrocco, generando un danno di circa 700 milioni di euro per gli operatori di settore. La certezza di consegnare – insieme ai pochi euro per l’abbonamento comprato illegalmente – anche i propri dati personali, inclusi quelli anagrafici e bancari, non scalfisce minimamente chi alimenta il mercato della pirateria. In Italia finora la soglia di tolleranza nei confronti dei clienti illegali è stata molto alta: il sistema industriale dei contenuti, siano essi calcistici, cinematografici o musicali, fa spesso riferimento ad un business della criminalità organizzata.
L’ITALIA DEL “PEZZOTTO”. Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A, da tempo conduce una battaglia in questa prospettiva. «Per fortuna viviamo in un paese civile, in cui chi sbaglia paga. Complimenti alla Guardia di Finanza e all’Autorità giudiziaria per il grande risultato ottenuto. Da mesi la Lega Serie A ha dichiarato guerra alla pirateria perché è un fenomeno criminale alimentato spesso da clienti inconsapevoli del reato che stanno commettendo e delle gravi conseguenze a cui vanno incontro. Questa denuncia rappresenta una svolta epocale nella lotta contro questa piaga, a tutela di tutti i club e dei tifosi che onestamente si abbonano per seguire le partite». E Mauro Balata, presidente della Lega Serie B: «Sono assolutamente convinto che questa sia la strada da percorrere. Chi acquisisce immagini senza pagare diritti non solo fa un danno al sistema calcio, ma anche al Paese, perché commette un reato. È un segnale giusto, speriamo possa prevenire in futuro altre condotte anti-giuridiche di questa gravità». La lotta alla Iptv (internet protocol television) – che ruba il segnale al legittimo proprietario e lo distribuisce con proventi propri – si è fatta più serrata. A gennaio il tribunale di Roma ha oscurato quindici siti web di Iptv. Ma è solo una minima parte nella giungla dell’etere. Secondo l’ultima indagine realizzata da Ipsos per Fapav (la federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali), nel 2018 quasi due italiani su cinque hanno commesso un atto di pirateria audiovisiva. L’Italia è il paese del “pezzotto” come da slang campano – il decoder: in gergo tecnico si chiama Box Android – che consente di vedere tutte le televisioni del mondo, comprese pay tv e pay per view, quindi anche Sky e Dazn, che si sono aggiudicati i diritti del triennio di Serie A 2018-2021. Tra i 50 e 60 euro per il decoder, 12 euro al mese e per i pirati digitali il mondo (del calcio e di qualsiasi altra forma di intrattenimento) è a portata di telecomando. Illegalmente, però.