Corriere dello Sport: “Pamela, allenatrice ed ex calciatrice. Da Palermo all’Europa, da Ballarò al Sudamerica inseguendo un pallone mai sgonfio. Conti «Io ct del Venezuela, scrivo la storia e torno in Italia»”
L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” esalta la storia dell’allenatrice ed ex calciatrice palermitana Pamela Conti, riportando le sue dichiarazioni:
«Basta dire Taverna Conti e ti portano alla trattoria che la mia famiglia ha da generazioni a Ballarò, tutti sanno dov’è. Ballarò è la parte migliore di me perché non mollo mai, ho una personalità molto forte, cerco sempre una via di uscita, so lottare, sono generosa. Ed è la parte peggiore di me perché non ho tante regole, e spesso vado avanti di testa mia. Ballarò è il mio mondo, non ho mai avuto paura di viverci. Evito magari di rientrare la notte da sola. Posso dire che il pallone mi ha salvato la vita, che è anche il titolo del libro che ho scritto, la mia biografia, uscirà a breve».
«Nella mia famiglia sono tutti calciatori, non potevo non esserlo anche io. Sono stati calciatori del Palermo mio padre, mio zio e i miei fratelli. Io ho iniziato con gli amici per strada, allora era normale. Fino a 14 anni ho giocato coi maschi, ai Rangers. Poi sono passata alle Aquile in serie D. Mio papà mi quando ha capito che ero brava. Purtroppo non c’è più ed è la perdita più dura della mia vita. Indescrivibile dolore. Era il mio modello. Io ferma non so stare. Quando ho smesso di giocare e sono tornata a Palermo ho aperto una scuola calcio a Ballarò, per i bambini del quartiere, per toglierli dalla strada. Poi però sono andata ad allenare le giovanili dell’Atletico Madrid e la scuola calcio l’ho affidata a mio fratello, ma appena è arrivata l’occasione del Venezuela l’abbiamo dovuta chiudere, perché Vincenzo mi ha seguito, è il mio vice».
«In Venezuela ci devo andare ogni sei mesi. Le ragazze le visiono e alleno in Spagna, quando ci raduniamo. L’obiettivo è qualificarci per il Mondiale del 2023, sarebbe la prima volta. L’anno prossimo avremo la Coppa America. Ho un’ottima squadra. Quando sono andata per le presentazioni, subito nello spogliatoio ho capito che era la mia squadra. Sono rimasta incastrata a Caracas quando è esplosa la pandemia e hanno chiuso tutto. Bloccata in hotel. Ho fatto tanto sport, spesso salivo i 12 piani a piedi perché lì l’elettricità a un certo punto la staccano. Insomma, sono più allenata adesso che quando giocavo».
«Venezuela? La situazione politica è quella che è. Io sono stata accolta benissimo. I venezuelani hanno poco e dividono tutto, e hanno un cuore grande. In giro da sola non posso andare. Caracas mi ricorda un po’ Palermo, forse mi piace per questo. Ho chiesto al medico della squadra se mi portava a vedere la favela più grande del Sudamerica. Mi ha detto “sei pazza”? Ho tanto insistito che mi ci ha portato. Una vera esperienza di vita, che va oltre l’immaginazione. Case una sopra all’altra, senza finestre, e bagni all’aperto. Bisogna stare attenti a tutto. Però, non so, mi sembrava familiare, con tutta quella gente per strada era come stare a Ballarò. Siamo rimasti in macchina, vietato scendere».
«Per me quello che sto facendo è una rivincita. In Italia non c’è stato spazio finora per me. Farò parlare i risultati. E’ ovvio, vorrei tornare in Italia».