L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulle motivazioni dichiarate da Silvio Baldini per spiegare le sue dimissioni.
Uniti nella gioia e nel dolore. Legati a doppio filo all’ufficializzazione della loro permanenza a Palermo dopo la promozione, Silvio Baldini e Renzo Castagnini sono in simbiosi anche in occasione delle dimissioni. Il loro punto di contatto è «Non eravamo al centro del progetto». Frase che tecnico e direttore sportivo hanno ripetuto più volte ieri mattina all’hotel Casena dei Colli, quartier generale della squadra, durante la conferenza stampa nella quale hanno spiegato i motivi della decisione: «Abbiamo provato a fare un determinato tipo di lavoro ma non ci siamo riusciti – ha esordito l’ormai ex ds – a un certo punto abbiamo perso il gruppo e quella forza che ci ha portato ad ottenere un grandissimo risultato». Sulla stessa lunghezza d’onda l’allenatore: «Sento di non essere parte del progetto e questo non mi permette di lavorare con la società, ho capito che non ci sono i presupposti dello scorso anno. Abbiamo vinto ai playoff non perché eravamo la squadra più forte ma perché eravamo il gruppo più forte e questo gruppo ora non c’è più. Si è persa quella magia che ci ha consentito di centrare il traguardo».
Malcontento . Il passaggio successivo di Baldini, è un affondo: «Cosa è successo? Da parte di tutti, non mi riferisco solo ai giocatori ma anche ai magazzinieri, ai fisioterapisti e alle altre figure che ruotano intorno alla squadra, ho percepito un malcontento che prima non c’era. Avevo pensato di dimettermi 15 giorni fa ma non volevo fuggire. So come vanno certe cose, meglio lasciare ora piuttosto che aspettare di essere mandato via ai primi risultati negativi cullandomi sul fatto di essere pagato. La dignità per me è sempre più importante dei soldi e non voglio prendere in giro i palermitani anche perché sono uno di loro. Sono uno del popolo, abiterò e morirò qui e quando andrò a vedere le partite del Palermo sarò in curva con la sciarpa rosanero. Nel mio cuore regna l’amarezza ma nella testa mi sento sereno».
Incompatibilità . Mentre i nuovi proprietari parlano di anno di consolidamento, Baldini alza l’asticella dicendo chiaramente di credere nella A. Era evidente che City Group e tecnico non fossero sintonizzati sulle stesse frequenze: «Mi sono esposto in quel modo perché ci credevo. A me non interessa fare un anno di transizione. Sono come un alpinista che per scoprire meglio se stesso cerca determinate strade per arrivare alla vetta». Alla base della rottura incomprensioni legate all’inserimento di nuovi profili nello staff dei fisioterapisti, alle valutazioni su alcuni elementi (Baldini voleva il ritorno del difensore Perrotta ma la proprietà non ha dato l’ok) e soprattutto alle situazioni e prospettive contrattuali di diversi giocatori. «Il mio modo di essere non era compatibile con il modo di lavorare della nuova società. L’anno scorso sono riuscito a creare un gruppo perché avevo una centralità nel progetto, ora è come se da centravanti fossi diventato un terzino e in questo ruolo è difficile fare gol. La sconfitta in amichevole col Pisa è stata la cartina di tornasole e mi ha fatto aprire gli occhi in merito ai problemi della squadra. Il mio rapporto con i giocatori in ogni caso non cambia. Per loro non sono stato un allenatore ma l’allenatore nel senso che ho sempre pensato prima all’uomo e poi al calciatore».