L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” riporta le dichiarazioni di Pino Caramanno, tecnico a cui fu affidata la rinascita del Palermo nel 1987. Mirri? «Gli farò conoscere il mio progetto che si addice alla perfezione al suo Palermo che rinasce dato che qui non si può contare su mecenati, la società deve cercare la forza al proprio interno, lavorando intensamente sul settore giovanile un po’ come fa l’Atalanta». I punti di contatto con quel 1987 appaiono tanti: «Anche allora bisognava riprendersi dopo una scomparsa. Si lavorò moltissimo sul gruppo e sulle motivazioni. Scelsi i giocatori uno per uno, puntai anch’io sui palermitani che avevano il fuoco dentro». Ce n’erano 4 in quella rosa, Conticelli, Cracchiolo, Sampino e Nuccio. Altri tempi comunque anche nel modo in cui si operava la selezione: «Ero abbonato a 7-8 giornali diversi e di varie regioni, studiavo le caratteristiche dei giocatori di ogni categoria. Se le cronache riportavano giudizi positivi univoci, che arrivavano da posti diversi, allora prendevo nota. E guardavo molto alla continuità del calciatore: preferivo i soldatini che portavano ogni partita a casa il loro mattoncino, piuttosto che gli estrosi che rendevano al 100% in una giornata e poi sparivano per altre 5. Ho visto il Palermo nella serata al Barbera e devo dire che la squadra non mi è dispiaciuta – commenta Pino – pur tenendo conto che quella fu una festa più che un test agonistico. Ma ho notato buoni movimenti collettivi, un dinamismo ed una sveltezza esecutiva che mi fa essere ottimista. Pergolizzi? Non lo conoscevo personalmente, che volete, la differenza d’età… E’ stato lui a presentarsi con molta educazione. Gli auguro tutto il bene possibile. Bisogna impostare un gruppo di cui ci si può fidare. La D si vince con umiltà nell’affrontare ogni avversario e scordandosi il nome altisonante della città. Il mio Palermo di allora si basò su queste convinzioni. Credevamo in un progetto. Anche allora i giocatori fra loro non si conoscevano ma ci misero poco a trovare un’intesa. La squadra acquisì subito la consapevolezza di poter reggere a qualsiasi urto. Li portavo a fare allenamenti di tematica strategica alle 6,30 di mattina. Li vedevo il giovedì nelle partitelle contro le squadre minori palermitane e mettevano la stessa intensità della domenica. Un ambiente coeso come quello che si sta riformando a Palermo ti spinge in alto quando vedi quei tifosi ti senti in dovere di dare il massimo. I ragazzi di Pergolizzi dovranno fare proprio questo sentimento della città. Come spiego nei miei libri, a volte il valore tecnico conta meno delle motivazioni: se in campo non hai semidei, allora devi avere l’idea di gioco che ti guida».