L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’Italia di Spalletti.
L’idea del gestore non gli garba, come si dice in Toscana, e ha finito di spiegarlo bene nella notte di San Siro, ringraziando la Figc per il sostegno ricevuto entrando in corsa, anzi paracadutandosi, nella realtà di Coverciano senza rodaggio e con l’obbligo di centrare i risultati buoni per tenersi in corsa verso l’Europeo. Allenatore, non selezionatore: ecco come Luciano Spalletti interpreterà l’incarico, da uomo di campo e di spogliatoio, variando il percorso e le abitudini rispetto ai suoi predecessori. Si è confrontato con Marcello Lippi, lo ha ascoltato e gli ha chiesto dei consigli. Ha delle idee da sviluppare, passerà subito all’opera senza attendere in maniera passiva il prossimo giro di convocazioni, verso Malta e Inghilterra, di metà ottobre.
Rispetto a Ferragosto, quando Gravina lo chiamò per offrirgli la panchina della Nazionale, ha una visione più precisa della Nazionale e di cosa lo attende. Venti giorni di full immersion per studiare l’impatto, conoscere lo spogliatoio e calarsi al posto del dimissionario Mancini, altri dieci di lavoro per preparare le partite con Macedonia e Ucraina. Non c’è stata una sola volta, in cinque conferenze stampa, che l’ex tecnico del Napoli abbia usato lo scudo del tempo come alibi o giustificazione dietro a cui ripararsi. «Siamo allenatori e i giocatori partecipano, hanno conoscenze diverse rispetto a venti anni fa, si aspettano qualcosa. E un minimo di organizzazione tattica, senza ingabbiarne l’estro, gliela possiamo dare in pochi giorni».
C’è un lavoro di sintesi a cui Lucio si dedicherà con intensità dopo aver rianalizzato le partite con Macedonia e Ucraina. La tecnologia permette ai match analyst di preparare dei video individuali per ogni giocatore su movimenti corretti o aspetti da migliorare: si potrebbero inviare a distanza, come ha spiegato il ct, e non richiederebbe uno sforzo impossibile o “invasivo” durante il lavoro dei calciatori con i club. Anzi, permetterebbe al ct di intensificare i colloqui con i suoi colleghi. Ne ha chiamati diversi, completerà il giro nei prossimi giorni, perché non ha avuto la possibilità materiale di telefonare a tutti tra il 20 e il 30 agosto. E’ forse il primo punto del suo programma: un rapporto frequente con gli allenatori. A medio termine, andrà in giro per l’Italia (se gli impegni lo consentiranno, le Coppe intralciano) per andare in visita ai club, come faceva Lippi, per restare collegato e informato, parlare con i giocatori, verificando le condizioni e il modo in cui si allenano.
Scelte ferocissime, ha annunciato Lucio, alludendo alla linea strategica che guiderà il suo corso: niente sconti o concessioni, il piacere di giocare con l’Italia, uno spogliatoio compatto e di amici. Inseguirà il bene della Nazionale. Se alla Roma e con l’Inter non aveva avuto remore nel gestire i casi di Totti e Icardi, assumendo posizioni impopolari, a Coverciano potrà essere ancora più rigido e intransigente: non si firmano contratti, in azzurro non esiste alcun tipo di condizionamento. E’ sport (calcio) allo stato puro. Il massimo per un allenatore a cui il presidente (Gravina), come ha detto scherzando alludendo a un ipotetico mercato, ha promesso di comprare qualsiasi giocatore. E qui è caduto il messaggio indirizzato al gruppo: «La gente a casa ci guarda e ci giudica. Vi ho scelto, ora attendo risposte corrette». Il significato è preciso. Non ci sono posti garantiti, si può uscire in qualsiasi momento dal giro, sapendo che la Nazionale non è un diritto, ma un privilegio. E se possibile, Spalletti la costruirà a numero chiuso. Gruppo ristretto, non larghissimo, quasi fosse un club, perché deve diventare una squadra. Compattezza, spirito, intesa sul campo. Non è semplice giocare due partite di livello internazionale in 72 ore. L’idea di Spalletti: convocare 25-26 giocatori tenendo in preallarme 7-8 riserve per fronteggiare le inevitabili integrazioni dell’organico durante i dieci giorni di ritiro.