Corriere dello Sport: “Non solo le partite, allenarsi o no? I calciatori adesso vogliono chiarezza”

Il calcio italiano è in completa confusione, l’emergenza Coronavirus ha mandato nel caos tutto il movimento calcistico, ieri in Italia sono state vietate le manifestazioni sportive, quindi non ci saranno partite di campionato per un mese, fino al 3 aprile. Ma ci sono tanti dubbi, il primo è quello che riguarda l’allenamento dei giocatori. L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” fa il punto della situazione.   Umberto Calcagno, vicepresidente dell’Associazione Calciatori, questa domanda se la pone e la pone: «Non siamo né medici né infettivologi, dunque aspettiamo che qualcuno ci dica se e in che modo sia possibile nella situazione attuale svolgere una normale attività sportiva in un contesto calcistico. Riguarda sia le partite sia l’allenamento quotidiano. I giocatori hanno fatto la loro parte, con responsabilità. Lo dimostrano le partite disputate domenica e ieri. Ma il primo valore da tutelare è la salute. Occorre chiarezza, capire che cosa si possa fare e che cosa no. Noi non chiediamo condizioni particolari per i calciatori, ma non vogliamo neppure che corrano rischi maggiori degli altri. Vogliamo andare avanti se ci sono le condizioni per farlo».Ieri due giocatori del Cosenza si sono rifiutati di andare a Verona e tra sabato sera e domenica mattina parecchi calciatori di Serie A hanno chiamato l’Aic per dire che non si sentivano di giocare. Così è nato l’annuncio di sciopero: come tutela per chi voleva dare forfait, non perché si volesse davvero interrompere il campionato. «Lo stop e quel che comporta sono cose che vanno decise in unità da tutte le componenti – insiste Calcagno – E con il governo, al quale chiediamo idee chiare e precise». E’ vero che tra i medici non c’è unità di vedute riguardo ai rischi che si corrono in gara e in allenamento. O meglio, esistono valutazioni differenti. Il consulente dell’Associazione Calciatori, Piero Volpi, ritiene che non sia ragionevolmente possibile garantire le condizioni di sicurezza. Come fai ad assicurarti che i calciatori stiano a un metro l’uno dall’altro? Ancora Calcagno: «Bisogna tenere conto della diversa organizzazione di un grande club rispetto a una società di C, per esempio». Se saltano anche
gli allenamenti, i club potrebbero chiedere tagli agli stipendi. «Noi supponiamo che il governo coinvolga il calcio professionistico nelle misure che prenderà in difesa delle attività produttive. Si può consentire il rinvio di certi adempimenti fiscali e previdenziali da parte dei club, purché sia salvaguardato il netto in busta paga. Sulla questione delle ferie ci metteremo d’accordo. Magari con i campionati fermi le faremo prima». Va pure risolto il problema delle squadre che partecipano alle coppe europee e non possono, non potrebbero sospendere la preparazione. «Ma credo che anche l’Uefa stia riflettendo, visto che il problema Coronavirus ormai è diventato di ampiezza
europea. Vedo che si pensa alle porte chiuse anche per Barcellona-Napoli».