“Lo diciamo con tutto il pudore possibile, visti i giorni dolorosi che il Paese sta attraversando, ma lo sport vive di momenti che non possono essere descritti se non con immagini precise: esattamente due anni fa, Antonio Conte iniziava la sua ricostruzione di una Nazionale uscita implosa dal Mondiale brasiliano. E lo faceva col suo stile marziale, con parole d’ordine secche, senza chiaroscuri: «Voglio un’Italia umile, orgogliosa, cattiva, che torni là dove merita. Chi arriva, deve meritarsi il posto, meglio perderne uno o due e conquistare gli altri 25!». C’era tutta un’altra aria ieri mattina nell’aula Magna di Coverciano, dove Giampiero Ventura, con la sua serenità matura, ha preso per la prima volta la parola da neo ct all’inizio della sua avventura azzurra, giusto qualche minuto dopo aver ricevuto la telefonata dal suo predecessore che gli augurava in bocca al lupo. L’ex tecnico del Torino sapeva da subito che per un po’ di tempo dovrà correre sotto l’ombra lunga del martellatore ora al Chelsea( «Io vivo di paragoni con lui…»). Un problema per tutti dunque ma non per lui, che già in passato era subentrato al collega, senza farlo rimpiangere, leggi Bari, non casualmente scelta come sede del debutto, come già capitato a Conte, tanto per cambiare. Non ha paura del confronto col totem ora al Chelsea, Ventura («Anche io mi sento allenatore, non selezionatore, non ho fatto altro nella mia vita… quando ho rivisto il campo qui a Coverciano, dopo tre mesi senza lavorare, avevo le lacrime agli occhi…»), pronto anche a proseguire prossimamente l’esperimento delle lezioni tattiche ai giornalisti (che con Conte, l’iniziatore dell’esperimento, durarono una puntata, a inizio ciclo…) e affronta la questione col suo stile ragionato, meno barricadero, ma pieno di idee, elaborate ovviamente nella direzione di arrivare alla “sua” Nazionale. E il suo è un piano articolato, inclusivo verso i giovani, anche se partito con delle esclusioni: «Con 3 giorni di tempo prima del debutto contro la Francia, non c’era spazio per preparare qualcosa di diverso. Io avrei voluto mantenere il gruppo intero dell’Europeo, il cui più grande successo in Francia è stato quello di aver riportato l’entusiasmo intorno alla maglia azzurra. Però c’erano delle contingenze: Zaza, Darmian, Sirigu sono fermi da 3 mesi; in più c’era una partita importante della Under 21, che contro la Serbia si gioca la qualificazione a Euro 2017; in sintonia con Di Biagio ho scelto alcuni giocatori, altri glieli ho lasciati». STAGE TATTICI. Ma il punto è anche un altro e originale. Dopo anni a macerarsi intorno agli stage sì e stage no, una delle spine contiane, Ventura ha illustrato la sua proposta, fatta alla Federazione, e prospettata a vari club in queste settimane di tour nei ritiri degli azzurrabili, che aspetta di essere approvata: «Prendiamo Berardi, che non c’è nella lista dei miei convocati, così come El Shaarawy; finché il modulo è questo, e lo è per i motivi che vi ho spiegato, certi giocatori come loro sono penalizzati; però di esterni offensivi nel nostro calcio ce ne sono molti e sarebbe un peccato mortale non lavorare su moduli alternativi (4-2-4, 4-3-3, ndi); per questo ho chiesto dei raduni, fino a tre in questa stagione, dedicati ai giocatori che non fanno parte del “gruppo 3-5- 2″. Perché per me il problema è quello di preparare i giovani all’esordio in azzurro senza bruciarli, magari in amichevoli impegnative come le prossime, contro Francia e più avanti Germania». IL SUO BIENNIO. Tutto questo appunto per arrivare alla sua Nazionale, che lui sembra avere in mente di guidare non oltre questo mandato biennale, a leggere tra le righe delle sue ultime considerazioni: «Io non ho esempi da seguire, voglio solo fare qualcosa di produttivo. Sarebbe bello dopo il mondiale russo lasciare un’Italia di venticinquenni con un bel futuro. La mia Nazionale vorrei soprattutto che si divertisse: se lo fa lei e si diverte anche la gente, mediamente in questa situazione arrivano anche i risultati. Che restano fondamentali. Se avremo un codice di disciplina interno, visto quel che è accaduto a De Rossi? Non gli ho ancora parlato ma al di là di questo, assolutamente sì: dove non ci sono regole non c’è rispetto»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.