L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla gara di Nations League in programma questa sera tra Ungheria e Italia.
Qui, dentro questo catino smisurato, da torcicollo guardandolo dal basso, di un grigio cielo come il grigio odierno, prima di illuminarsi del tricolore magiaro nella notte. Un tempio d’altri tempi al calcio dei regimi, il caro amato Trap, pur con tutto il fiato in corpo che poteva avere 22 anni fa, avrebbe avuto poco da fischiare alla pecorara, nel giorno del debutto da ct, per farsi sentire dalla sua Nazionale. Quella fu fermata sul 2-2 nonostante una doppietta di Pippo Inzaghi, primo passo verso Corea-Giappone. La nuova monumentale Puskas Arena (aperta nel 2019), sorta in luogo del glorioso stadio magiaro, costata 190 miliardi di fiorini (il doppio di quelli stanziati), oltre 600 milioni di euro (un occhio della testa di Orban, vero motore politico dell’operazione), stasera non avrà un posto libero, dei 67.889 della capienza.
Qui l’Italia di Mancini avrebbe potuto arrivare già l’11 luglio 2021, per affrontare in finale europea l’Inghilterra, se Wembley non avesse superato in extremis le riduzioni anti covid, che a Budapest non erano state applicate durante quel torneo. Invece stanotte ad aspettarla con impazienza e ambizione ci sarà la straordinaria Ungheria di Marco Rossi, a un punto dal più grande risultato della propria storia degli ultimi 60 anni. Mancini, ieri pomeriggio sorrideva sinceramente pensando a questa ultima partita del girone di Serie A di Nations League dove a giocarsi l’accesso alle Final Four del prossimo giugno saranno proprio ungheresi e italiani, in un girone completato da Germania e Inghilterra (appena retrocessa): «È motivo di grande soddisfazione. È bello. Marco ha fatto un grande lavoro, iniziato già a Euro 2020. La possibilità di vincere? Direi 50 e 50, anche se a loro può bastare anche il pareggio. Sarà una partita aperta».