L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla sconfitta del Palermo contro il Napoli.
Antonio Conte voleva testare il cosiddetto “altro Napoli”, quei giocatori che probabilmente vedranno meno il campo durante la stagione, a meno che non convincano l’allenatore a riconsiderare le gerarchie. L’obiettivo era verificare se il duro lavoro mentale, iniziato a metà luglio, stesse producendo risultati anche su quelli che una volta venivano chiamati “riserve”. Conte si è preso un rischio, schierando contro il Palermo una formazione con un solo titolare fisso, Lobotka, in un turnover che ha ricordato le scelte di Mazzarri, autore di alcune sconfitte amare per i tifosi del Napoli, come quella con il Chievo, con Fideleff in campo dal primo minuto.
Ma questa volta, la storia non si è complicata. Non si può neppure parlare di fortuna: si è visto subito che anche “l’altro Napoli” era pronto a dare il massimo. Appena iniziata la partita, Neres si è lanciato sulla fascia destra con la determinazione di chi sta giocando una finale mondiale, anche se si trattava di un sedicesimo di Coppa Italia. Alcuni potranno dire che, senza gli errori di Sirigu (come la clamorosa papera sul primo gol), la partita avrebbe preso una piega diversa, ma è difficile sostenere questa tesi dopo un 5-0. Dopo appena dodici minuti, Ngonge aveva già segnato due volte di sinistro, non gol irresistibili, ma comunque efficaci.
Quello che ha davvero colpito, però, è stata la determinazione di chi era in campo. Ogni giocatore sapeva che si stava giocando una parte importante del proprio futuro. Nessuno è entrato con l’atteggiamento di chi gioca un’amichevole: tutti erano consapevoli di essere sotto esame. Conte è come un Grande Fratello, niente gli sfugge. In meno di tre mesi ha trasformato una squadra alla deriva, decima in campionato e con i suoi migliori giocatori che volevano partire, in una formazione che, sul 3-0, continuava a pressare, a recuperare palla in attacco e a segnare ancora. La fame e la fiducia nel proprio allenatore sono evidenti. E pensare che solo il 18 agosto il Napoli aveva perso 3-0 contro il Verona, un risultato che sembrava segnare la fine.
Possiamo dire che Napoli-Palermo ha segnato la fine della prima fase del lavoro di Conte: la riabilitazione. Non solo il Napoli non è più “malato”, ma ora parla la lingua del suo allenatore. Ogni giocatore è disposto a seguirlo, in ogni contesto: dai sacrifici a Cagliari fino allo Stadium, passando per la Coppa Italia contro il Palermo. La “mentalizzazione”, per usare un termine moderno, ha funzionato. Conte è riuscito a entrare nella testa dei suoi giocatori. L’esultanza di McTominay dopo il gol del 5-0 è l’emblema di questo processo: ogni partita è affrontata con ferocia agonistica.
Ovviamente, c’è ancora molto da fare. Rafa Marin non sembra ancora del tutto affidabile, e Caprile è ancora preda dell’emozione. Ma l’importante è che Conte ha riportato in vita il Napoli, tirandolo fuori dall'”ospedale”. D’ora in poi, l’asticella sarà alzata progressivamente, come dimostrato dal massiccio turnover contro il Palermo. Una cosa è certa: Conte non mollerà mai la presa.