Corriere dello Sport: “«Morosini si poteva salvare». La tragedia del 2012: ecco perché i medici sono stati condannati”
“«Poteva essere salvato con il defibrillatore, c’era una probabilità alta, intorno al 60-70 per cento». Un dolore che si rinnova. Ogni passaggio giudiziario fa tornare alla mente il terribile pomeriggio del 14 aprile 2012, quando Piermario Morosini, calciatore del Livorno che affrontava il Pescara di Zeman, perse la vita dopo un malore accasciandosi sul prato dello stadio Adriatico al 29’ del primo tempo. Cercarono di aiutarlo i medici del 118 e delle due squadre, ma invano. Il Giudice monocratico del Tribunale di Pescara, Laura D’Arcangelo, per questo li ha condannati e ieri sera ha motivato la sentenza. In sintesi, i medici «erano tenuti all’uso del defribrillatore che avrebbe avuto un’alta percentuale di tenerlo in vita, tra il 60 e il 70 per cento». Perciò Vito Molfese del 118 (1 anno), Manlio Porcellini (8 mesi) ed Ernesto Sabatini (8 mesi), sanitari rispettivamente di Livorno e Pescara, sono stati ritenuti responsabili della morte dell’atleta. Quando Piermario si accasciò l’intervento fu immediato, ma nella concitazione non fu usato il defibrillatore. La dottoressa D’Arcangelo ha ritenuto condivisibili le conclusioni dei periti, secondo le quali «Morosini è stato colpito da fibrillazione ventricolare indotta dalla cardiopatia aritmogena da cui era affetto e dallo sforzo fisico intenso. Tutti gli elementi consentono di ritenere che le probabilità di ripresa del ritmo cardiaco sarebbero quantificabili, nei primi tre minuti dal collasso, qualora fosse stato utilizzato il Dae, intorno al 60/70 per cento». Una volta stabilito che il defibrillatore era presente sul campo, il giudice si è dunque occupato di individuare le responsabilità di chi avrebbe dovuto utilizzarlo. «Poiché il Dae è uno strumento di facilissimo utilizzo – ha rimarcato il Giudice – è del tutto evidente come il suo utilizzo debba essere parte del necessario bagaglio professionale di qualsiasi medico, anche non specialista. L’utilizzo del defibrillatore in tale frangente costituisce una procedura codificata e non connessa ad alti livelli di specializzazione». Secondo il giudice, gli imputati «non potevano non avere visto che il Silvestre aveva prontamente predisposto il Dae accanto alla testa dell’infortunato, perciò Porcellini, Sabatini e Molfese, intervenuti in soccorso di Morosini nei primi minuti dopo il malore, avrebbero dovuto usarlo». Si era molto discusso su chi avrebbe dovuto acquisire la leadership del soccorso, dal momento che quando intervengono più medici in una situazione del genere a dirigere le operazioni dovrebbe essere uno solo, anche per evitare pericolose sovrapposizioni. Il Giudice ha ritenuto che «il referente del gruppo fosse la persona più esperta nella specifica attività in corso, che in questo caso era sicuramente Molfese, il quale avrebbe dunque dovuto assumere il ruolo di leader».”. Questo quanto si legge su “Il Corriere dello Sport”.