L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla gara in programma oggi quella del Mondiale per Club.
Il giorno era il 3, il mese maggio, l’anno 2022. A domanda, Carlo Ancelotti rispose: «Allenare una Nazionale? Potrebbe starci, ma adesso è prematuro. Sicuramente non sarebbe il prossimo mondiale. Magari per il Mondiale 2026, perché no? Potrebbe essere il Canada? Mi piacerebbe, certo. Il Canada ha fatto benissimo». Ma, oggi, con tutto il rispetto per il Canada, il Brasile cinque volte campione del mondo, è decisamente meglio per chi da grande voglia fare il ct. È Il massimo che c’è per l’unico allenatore capace di vincere tutti e cinque i più importanti campionati europei; l’unico ad avere vinto la Champions League per quattro volte (due con il MIlan e due con il Real); l’unico ad avere giocato cinque finali del massimo torneo continentale; l’unico ad avere vinto più partite in Champions League; l’unico ad avere vinto più Supercoppe Uefa. E, se stasera a Rabat, in Marocco, batte l’Al Hilal di Ramon Diaz e del figlio Emiliano suo assistente, Carlo Magno conquista il terzo mondiale per club. E se il 27 febbraio nessuno farà scherzi, sarà suo anche il Best Fifa, cioè il premio di miglior allenatore del mondo: glielo contenderanno Guardiola e Scaloni. Capite perché abbia pensato a lui il Brasile che ancora si sta leccando le ferite di Qatar 2022, Russia 2018, Brasile 2014, Sudafrica 2010, Germania 2006.
La divina Seleç?o Brasileira de Futebol non sale sul tetto del mondo da ventun anni. Ci può essere qualcosa di più doloroso per la Verdeoro? L’unica nazionale ad aver partecipato a tutti i Mondiali, disputando sette finali e arrivando per undici volte nelle prime quattro, oltre ad avere vinto 9 Coppe America e 4 Confederations Cup.
Capite perché in queste ore, in Brasile e anche a Madrid, ovviamente, non si parli d’altro. Così come, dopo l’eliminazione patita in Qatar, non si parlava che di Mourinho, tuttavia, a giudicare dai riscontri all’anticipazione di Espn, Carlo ha preso il largo, al di là della smentita di rito della federazione brasiliana («notizia infondata, l’allenatore sarà scelto al momento opportuno»). Al punto che i giocatori brasiliani del Real sarebbero stati i primi a intuire che cosa potrebbe succedere a fine stagione, sebbene il contratto con la Casa Blanca scada il 30 giugno 2024. Gli stessi giocatori che stravedono per il signore di Reggiolo. Voltatevi indietro e trovate un calciatore che abbia lavorato con Ancelotti a ogni latitudine e non parli bene di lui. Cogliendo fior da fiore, John Terry, “il capitano dei capitani”, così definito da Carlo ai tempi del Chelsea: «Quel che amavo davvero del nostro tecnico era la sua capacità di guidare gli uomini. Si ambientò in un attimo e, quando parlava con me, con Lampard, con Drogba, voleva sapere la nostra opinione: “Forse ci stiamo concentrando troppo sulla tattica? Stiamo facendo troppo di questo o di quello?”. In tutta la mia carriera non ho mai avuto un altro allenatore che si interessasse così sinceramente dell’opinione dei calciatori, affidando loro reali responsabilità».
E Cristiano Ronaldo: «Carlo è una persona così sensibile. Parlava con noi tutti i giorni. Non solo con me, ma con tutti i giocatori. Si divertiva insieme con noi. È una persona incredibile. Auguro a ogni giocatore di avere l’opportunità di lavorare con lui perché è un uomo fantastico, un allenatore fantastico e mi manca molto». E Zlatan Ibrahimovic: «È l’unico allenatore che ho avuto, capace di costruire un rapporto così perfetto con i suoi giocatori, persino più capace, in questo, di Mourinho».
Non c’è piaggeria nelle parole di questi Grandi, conoscendone il valore e soprattutto la schiettezza, abituati come sono a dire sempre ciò che pensano e, nell’arco della loro carriera, avendo giocato alle dipendenze di alcuni fra i migliori tecnici del mondo.
Ma, opinione personale, il migliore in assoluto è Carlo Magno, l’uomo che preferisce la Coppa, come recita il titolo di una sua fortunata autobiografia che, non a caso, ha come sottotitolo: vita, partite e miracoli di un normale fuoriclasse. Proprio ciò di cui avrebbe bisogno il Brasile. Nessuno gioca al calcio bene come i brasiliani. Nessuno sarebbe capace di farli tornare a vincere come Ancelotti.