Il Corriere dello Sport dedica ampio spazio alle ultime decisioni della FIFA, che nel congresso di ieri ha ufficializzato le sedi dei prossimi due Mondiali. L’edizione del 2030 celebrerà il centenario della Coppa del Mondo con un format unico nella storia: si giocherà in Spagna, Portogallo e Marocco, con le prime tre partite ospitate da Uruguay, Paraguay e Argentina. Un tributo alla prima edizione del torneo, svoltasi nel 1930 in Uruguay, con la partita inaugurale che si disputerà nello storico stadio Centenario di Montevideo, proprio come cento anni prima.
Per il 2034, invece, sarà l’Arabia Saudita ad accogliere l’evento più atteso del calcio mondiale, una decisione che ha suscitato forti polemiche, soprattutto sul fronte dei diritti umani. Amnesty International e altre 20 organizzazioni hanno criticato la scelta, definendola «una decisione pericolosa per i diritti umani».
L’esplosione del fenomeno arabo
Negli ultimi anni, l’Arabia Saudita ha intrapreso una trasformazione epocale, spinta dal progetto “Vision 2030” del principe ereditario Mohammad bin Salman. Il Paese sta cercando di affrancarsi dalla dipendenza economica dal petrolio, puntando su nuovi settori di investimento, tra cui lo sport. Seppur ancora una monarchia assoluta, con limitazioni significative alla libertà di espressione e la presenza della pena di morte, l’Arabia Saudita ha avviato una graduale apertura sociale. Oggi, ad esempio, le donne possono guidare, lavorare e scegliere se indossare o meno l’hijab.
Lo sport è diventato uno strumento strategico per proiettare l’immagine del Paese sullo scenario internazionale. Dopo aver investito nel calcio e in altre discipline, la designazione del Mondiale del 2034 rappresenta il culmine di questa strategia. Il torneo si disputerà in 15 stadi distribuiti tra Riyad, Gedda, Al Khobar, Abha e Neom, con la finale prevista nel nuovo stadio “King Salman” della capitale saudita.
Una doppia assegnazione, quindi, che abbraccia tradizione e innovazione, ma che accende i riflettori su temi delicati, dal rispetto dei diritti umani all’evoluzione geopolitica del calcio mondiale.