Corriere dello Sport: “Miracolo Sudtirol, Bisoli:«Vi dico perchè e chi va in serie A»”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul Sudtirol e riporta le parole di Bisoli.
Bisoli lo specialista è tornato. Che fa, punta alla terza promozione col suo piccolo-grande SudTirol?
«Assolutamente no. Noi siamo consapevoli della nostra realtà. Stiamo facendo benissimo. Ma sappiamo che arriveranno momenti duri. La difesa della categoria è il nostro vero obiettivo. Poi tutto il resto è gioia».
Due volte in A col Cesena eppure in massima serie non è riuscito ad affermarsi neppure col suo Cagliari né a Bologna oltre che con i romagnoli. Perché?
«Evidentemente non è la mia categoria. Poi non mi sono piegato a certe situazioni, ma ho sempre fatto il bene delle società per le quali ho lavorato».
Colpa del suo caratteraccio?
«Ovviamente, sì. Io non do colpe agli altri. Mia moglie Rita me lo dice sempre. Ma non ho danneggiato mai nessuno, solo me stesso. Certamente il mio temperamento non mi ha aiutato. Eppure tanti club hanno beneficiato del mio lavoro. Radja Nainggolan, per esempio, a Cagliari l’ho valorizzato io. Come Giaccherini e Parolo. Diamanti l’ho scoperto a Prato, gli dissi che sarebbe arrivato in A e lo riportai a Bologna dal West Ham, quando nessuno in Italia aveva voluto credere in lui. Feci una preparazione durissima che ci condizionò. Ma Di Vaio poi riconobbe il valore di quel lavoro. Diciamo pure che ho un caratteraccio. I miei difetti li metto a nudo. Anche il mio direttore attuale, Paolo Bravo, me lo dice. Ma lui sa lavorare e mi piace. In questo calcio bisogna saper fingere e io non ne sono capace. Se sono arrabbiato si vede. Vado avanti guardando tutti negli occhi perché faccio ogni cosa con onestà. Un valore sempre più raro»
Se dovesse definire il suo calcio in un concetto quale sceglierebbe?
«Organizzazione finalizzata alla creazione del gruppo. L’insieme prima di tutto».
D all’ultimo posto al perimetro playoff. Il segreto?
«Questa squadra ha qualità umane e tecniche. E in questa società si può lavorare senza pressioni. Poi sono entrato nella testa dei giocatori e ho fatto capire loro che avevano tutto per riuscire. Ora lavoriamo compatti. Da squadra, appunto».
Dunque, non è solo merito di Bisoli, il motivatore?
«Credo che non servano mental coach. Un tecnico deve agire sul gruppo. È lì la chiave».
In A, invece, chi sale?
«Niente pronostici. Anche se ci sono 6 o 7 candidate per organico al salto di categoria. È un torneo difficile. Favorite Parma, Genoa, Frosinone e, più di tutti, il Cagliari. Il Pisa è forte. Blessin ha un vantaggio: dispone di un bomber di categoria che nessun’altra antagonista ha. Coda».
Bloccato Cannavaro, tocca a De Rossi, suo prossimo avversario, con Grosso e Inzaghi altro campione Mondiale. Come li vede in panchina?
«Hanno tutti un passato importante da giocatori che va rispettato. E il calcio ha bisogno di carisma. Ma poi occorre essere bravi anche in altro. Per me ha contato la gavetta. Con la Spal prevedo una bella gara, a prescindere da Daniele».
Anche in B il calcio è sempre più a trazione estera. Un rischio o un’opportunità?
«Dobbiamo stare attenti a non perdere la nostra identità. Anche se avere proprietà forti è importante. Spero, tuttavia, che crescano i nostri giovani. Ne ha bisogno il calcio italiano».
P ossiamo dire che la salvezza a Cosenza sia equiparabile a un’altra promozione?
«Anche di più. Non ci credeva nessuno. Io sì. Un’apoteosi la doppia finale playout col Vicenza. Un’emozione che mi accompagnerà per tutta la vita. Per il resto, lasciamo stare».