L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul ko dell’Argentina contro l’Arabia Saudita.
Come Maradona contro il Belgio nel 1982, come Diego contro il Camerun nel 1990. Anzi in un certo senso è peggio, perché dopo aver perso nel debutto mondiale con il nuovo regolamento che qualifica due squadre per girone Leo Messi dovrà probabilmente arraffare 6 punti contro Messico e Polonia per restare in Qatar. Incredibile quello che è successo a Lusail, che è proprio lo stadio in cui si giocherà la finale il 18 dicembre. Incredibile ma non ingiusto. L’Arabia Saudita allenata da Renard, che in francese significa volpe, ha dimostrato di essere la più forte squadra del mediorente e una delle migliori asiatiche. Certo però l’imbarazzo, davanti a 20.000 tifosi atterrati da Buenos Aires, risulta inevitabile. l’Argentina, da molti considerata la favorita del torneo, è stata tradita da italiani ed ex italiani: Di Maria, Lautaro, Gomez, Romero. Tutti hanno tirato una pietra per affossare il commissario tecnico, Lionel Scaloni. Compreso l’altro Lionel, che si è accontentato di segnare un rigorino e poi si è allontanato dalla partita, causando il contropiede del pareggio.
RIFLESSIONE. Messi si presenta davanti ai giornalisti soltanto due ore dopo il fischio finale, guardando in basso. Aveva detto di volersi godere giorno per giorno il suo «ultimo Mondiale» ma ha cominciato proprio male. Non lo consola l’ingresso del club dei cinque giocatori che hanno segnato in quattro differenti edizioni, anche perché Cristiano prevedibilmente lo staccherà, diventando l’unico a quota cinque, né il primato argentino con quattro Mondiali in gol. Messi deve intanto capire cosa sia successo: «Un duro colpo, inutile negarlo. Niente è compromesso, abbiamo ancora la possibilità di qualificarci, ma non ci aspettavamo un inizio in salita. Dobbiamo vincere le due partite che restano. Non ci arrenderemo. Dobbiamo dimostrare che siamo un gruppo vero». Il blackout dei cinque minuti ha condizionato il risultato ma anche prima e dopo l’Argentina non è stata dominante: «Penso che il ribaltamento del risultato abbia creato le premesse perché ci disunissimo. Eravamo in controllo, invece abbiamo cominciato a essere poco ordinati nella proposta offensiva».