Corriere dello Sport: “Mancini: «Luca mi nascose la malattia»”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su Roberto Mancini e le sue parole in merito a Vialli.

L’amicizia più della vita. «Lui non mi ha parlato della sua malattia all’inizio, me l’ha detto solo nel 2019 e che si stava curando. Io lo avevo saputo da un amico comune, la cosa stava circolando. Ma lui era molto positivo perché Luca è sempre stato così: mi disse che me lo aveva tenuto nascosto per non farmi soffrire. Da quel giorno sono cambiate tante cose, il tempo che passava e la speranza che lui ce la facesse. Fino all’ultimo abbiamo sperato in un miracolo». La porta del cuore del ct Roberto Mancini si apre ancora a altri racconti su Gianluca Vialli – l’amico fratello, dalla Samp fino alla Nazionale, scomparso solo qualche giorno fa per un tumore al pancreas chegli era stato diagnosticato nel 2017 – e lo ha fatto ieri sera a “Porta a Porta” su Rai 1 da Bruno Vespa.

Mai abbattersi ma provarci sempre: questa la sua lezione, l’eredità da uomo di sport segnato profondamente dalla malattia nel fisico e non nella mente. Vialli era questo, era fatto così e Mancini ne è ancora più convinto, soprattutto adesso che Luca non c’è più. «Mi disse che dovevamo vincere i Mondiali del 2026 e che sarebbe stato con noi. Sicuramente ci sarà molto vicino e speriamo di dedicargli presto una grande vittoria – ha raccontato ieri il ct – Sono andato a trovare Luca l’ultima volta a Londra prima della fine dell’anno, avevo un po’ di paura. Si è svegliato, abbiamo riso, scherzato, abbiamo chiamato Lombardo. Mi ha detto “Io sono sereno, stai tranquillo”. Mi ha tirato lui su di morale. Era lucidissimo, ci siamo ritrovati come ci siamo lasciati: bene».

Amici dai tempi della Samp, Mancini ha ricordato: «Siccome non avevamo mai litigato io e Luca, abbiamo voluto provare… Era in allenamento, lui mi chiamò per cognome e io feci lo stesso, accadde per via di un passaggio sbagliato. Abbiamo provato a litigare, ma non ci siamo riusciti, non fu un gran successo e dopo cinque giorni in Nazionale ci fecero fare pace in raduno. Abbiamo vissuto in simbiosi per dieci anni, abitavamo vicini, andavamo anche a cena insieme. È veramente l’amico che hai per tutta la vita. Quando le nostre strade si sono divise non ci siamo sentiti per un po’ ma quando ci siamo ritrovati era come se fossimo sempre stati insieme». L’immagine scolpita nella mente di tutti resta quella di Wembley, l’Europeo vinto dagli azzurri. «Quell’abbraccio l’11 luglio 2021 racchiudeva tutto, il calcio ma anche quello che gli stava accadendo nella vita. Spero che quella vittoria gli abbia dato un po’ di gioia. Lui è stato fondamentale per quel gruppo. Sono orgoglioso di averlo avuto come amico».