L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’Italia di Mancini.
Quando le immagini televisive della cerimonia d’apertura di Doha sono entrate nel quartier generale dell’Italia, fissato nel cuore di Vienna a due passi dalla cattedrale di Stephansplatz, il gruppo azzurro ha realizzato la percezione di cosa significasse non partecipare al Mondiale. Mancini lo sapeva, soffre in silenzio da mesi e ci tiene, altrimenti non sarebbe rimasto al timone della Nazionale, rilanciando una sfida rischiosisima, piena di insidie e dovendo rimontare la crisi del calcio italiano. Ecco perché al Prater si sarebbe aspettato una risposta diversa e lo ha fatto presente allo spogliatoio durante l’intervallo, quando gli azzurri erano già sotto di due reti. E’ intervenuto in modo pacato e risoluto, non è tipo da sfuriate, non è abituato a urlare. Certo i quattro cambi alla fine del primo tempo non si erano mai visti. Mezza squadra o quasi sostituita. Un segnale chiaro, capace almeno di congelare il risultato. DUE MODULI. Nella notte, sul charter che ha riportato indietro la Nazionale, si è confrontato con Gravina, il team manager Oriali e il suo staff. Le due amichevoli con Albania e Austria, dopo la qualificazione alla Final Four di Nations a cui nessuno più credeva dopo il tonfo di metà giugno in Germania, hanno segnato il confine degli esperimenti. Ora è il tempo delle scelte.
La prima, relativa al modulo, Mancini l’ha anticipata: bocciato il 3-4-3. La variante offensiva, con la difesa a tre, presuppone una pressione differente in fase di non possesso. E magari la fisicità di Tonali, indispensabile sulla linea mediana. Anche a Tirana, dopo l’infortunio del rossonero, il centrocampo dell’Italia aveva sofferto, concedendo ampi spazi agli albanesi. Il ct pende per gli attaccanti esterni e ha intenzione di tornare al 4-3-3. Il 3-5-2, varato con Inghilterra e Ungheria a settembre, resterà come piano B, l’opzione di scorta. Di sicuro Mancio navigherà a vista, calcolando strategia e avversari, in base alle partite: si adatterà, non avrà una sola idea di gioco da imporre. GIOCATORI. L’Austria, come previsto, ci ha creato difficoltà. Era un test duro e ha aiutato il ct ad approfondire le valutazioni, non solo tattiche. Grifo, con un ritmo superiore, non ha inciso e non ha ripetuto la prova di Tirana. Politano non entrava dentro al campo come intende Mancini, va bene se gioca con i piedi incollati alla linea laterale. Gatti è apparso a disagio con il sistema a tre, ha bisogno di un osso in marcatura da sbranare, meglio a quattro. Ecco i soliti dubbi legati alla difesa: non c’è più Chiellini, il tempo passa per Bonucci e Acerbi. A volte, mettersi a tre, conviene. Gruppo da scremare e da selezionare. Promosso Scalvini, entrato nella scia di Bastoni. L’attacco è condizionato dal modulo. Raspadori è un centravanti atipico, Immobile tornerà a 33 anni compiuti, Scamacca deve crescere. Una sola punta centrale è il rebus dentro un sistema collaudato. E’ appena tornato Chiesa.