Corriere dello Sport: “Lo Faso, i genitori confermano: «Simone è nato per il calcio. Il fratello…»”
“Carmelo e Lidia sono i genitori. Che aprono il loro album di foto e di emozioni per raccontarci la favola di un figlio pallone e… pallone, nato col marchio del Palermo, come tutta la famiglia tiepidamente juventino, quando non c’è il rosa di mezzo. La storia di Simone s’inizia in viale dei Picciotti, a due passi dal corso dei Mille e da via Messina Marine. Nel palazzone proprio di fronte all’ex macello, dov’è nato, e nel campo giochi rionale, dov’è cresciuto. Mamma Lidia: «Simone da piccolo? Irrequieto, iperattivo, non stava mai fermo. Giorno e notte senza dormire, aveva il peperoncino vivo, saliva sui mobili, mai caduto per fortuna dal seggiolone. Solo una volta ha tirato violentemente rompendo una vetrata e si è ferito alla gamba».Era la sua casa. «Si svegliava e scendeva giù, non faceva neppure colazione e subito con gli amici una partita dopo l’altra. Non smetteva mai. Quando a fatica lo facevamo salire, continuava nel corridoio e nelle stanze. Le porte erano i pali, il salotto l’area di rigore, i soprammobili i portieri. E se per castigo gli sequestravamo il pallone, ne creava un altro con i giornali. Non siamo mai riusciti a fargli cambiare idea, per fortuna». Una passione che non nasce per caso. Papà Carmelo: «Mio figlio Daniele aveva doti importanti, era un esterno mancino ed è approdato, in Eccellenza, a Monreale con Salvatore Tedesco. Avesse avuto la testa di Simone non avrebbe rifiutato un provino con il Carpi e sarebbe arrivato in A! Simone non ha mai fatto sconti, nessuno di noi ha mai giocato con lui perché non fa partitelle in famiglia, per sua scelta e in quanto vietato dalla società. Neppure due tiri a mare, è ligio al dovere. Io ero portiere, in prima categoria nella borgata di Sant’Erasmo e mi sono ritirato per colpa di un incidente e perché davo una mano in famiglia. Peccato, ero imbattibile. Nei paesi, i tifosi avversari si mettevano alle mie spalle mostrandomi foto di riviste pornografiche per distrarmi. Ma non ci poteva niente. Lo racconto sempre a Simone per fargli capire che quello che conta è il cervello. E lui ne ha». Il primo pallone, regalo di papà. «Lo chiese lui. Solo a vedere una cosa rotonda cominciava a palleggiare. Era la sua vita. Lo portava perfino a letto. A sette anni siamo andati ad abitare a Cruillas e lui è finito dalle suore. Fino alle elementari tutto a posto. Le sue materie preferite erano italiano, geografia e l’ora di ricreazione. Non parliamo di matematica. L’attività agonistica, il passaggio al Siena, ne hanno rallentato il profitto a scuola»”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” in merito al giovane Simone Lo Faso.