L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Juventus e sulla grana rinnovo di Paulo Dybala.
C’è una Juve che cambia, è costretta a cambiare. E per farlo impone la sua legge. Fatta di rigore, disciplina, consapevolezza dell’attuale momento storico. Che porta a un processo di contenimento dei costi ancora lontano dal potersi ritenere concluso. C’è una Juve che cambia e impone la sua legge, con Maurizio Arrivabene uomo nuovo e dirigente simbolo di questo rigore che sotto ogni punto di vista verrà imposto all’interno del mondo bianconero. Nello spogliatoio e a bilancio, nei rapporti interni ed esterni.
C’è un concetto che dal giorno zero della sua nomina ad amministratore delegato è sempre stato al centro del lavoro di Arrivabene: senso di responsabilità. L’effetto Covid ha stravolto i conti della Juve e di tutto il sistema calcio, quello che valeva prima non può più andare bene ora. Allora si rompe col passato per creare il futuro: stop a operazioni che non possono generare valore. Quindi no agli over 30, a commissioni esagerate per gli agenti, a risoluzioni di contratto sanguinose, a parametri zero dall’ingaggio insostenibile, a rinnovi frettolosi. E ora prima di pensare a qualsiasi tipo di nuovo acquisto sarà necessario vendere, non solo quei giocatori ritenuti sacrificabili (da Ramsey ad Arthur o Rabiot), ma anche elementi su cui si pensava di costruire la nuova Juve: è il caso per esempio di Weston McKennie e soprattutto Dejan Kulusevski, lo svedese è ora diventato un gioiello da sacrificare per far quadrare i conti, per 35 milioni può partire e in Premier c’è chi ci sta pensando seriamente (dall’Arsenal al Tottenham del suo fan numero uno Fabio Paratici). «Riguardo al mercato ci sono state alcune critiche, ma evidentemente ci si è dimenticati della situazione economico finanziaria della società. Sono state fatte scelte oculate e saranno fatte anche in futuro», questo l’Arrivabene-pensiero espresso nell’assemblea degli azionisti di fine ottobre. Due mesi dopo non è stato fatto un solo passo indietro, a maggior ragione con l’inchiesta della Procura di Torino in pieno svolgimento.