L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’ultimo saluto a Sinisa Mihajlovic.
Sinisa aveva il volto vero del mondo che ieri si è accalcato dentro e fuori la Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri eleggendolo campione universale, uomo di tutti, «uno di noi» in mezzo a noi. «Grazie, Sinisa. Hai insegnato a non abbattersi. Grande è chi si fa piccolo. Grande è chi si ferma ad aiutare, chi è generoso. Grande è chi ama e aiuta la sua squadra e si pensa con gli altri, valorizza il talento degli altri, crede in qualcuno quando non è nessuno», nell’ultimo tratto dell’omelia del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente Cei, c’era il segno umano della vita terrena e ultraterrena di Mihajlovic.
I mondi di Sinisa, sportivi e religiosi, cattolici e ortodossi, si sono tesi la mano durante il suo funerale, nel suo nome. Lo scambio di discorsi tra il cardinale Zuppi e il vescovo Andr ej della chiesa ortodossa serba ha simbolicamente eletto Sinisa patrimonio di squadre , tifosi, popoli legandone la comunione di culti. «Sinis a è nostro, Sinisa è vostro», ha detto Andry portando l’omaggio del patriarca Porfirije. È scoppiato un applauso che non finiva mai, sono scoppiate le lacrime. Doppio rito. I vescovi cattolici hanno benedetto la bara con acqua santa e incenso. I vescovi ortodossi hanno esposto la croce benedizionale e intonato una preghiera cantata.
Il segno. Che ci fosse qualcosa di mistico negli ultimi giorni di vita di Sinisa era chiaro, cosa fosse si è compreso ieri. Come ogni 19 dicembre la chiesa ortodossa onora San Nicola, figura unificante tra cattolici e ortodossi, ogni popolo lo ha fatto proprio per la sua generosità verso i poveri e i bisognosi. « È il santo della famiglia Mihajlovic», ha rivelato il cardinale Zuppi facendo pensare a un disegno divino e invocando il Natale come salvezza: «Sentiamo ingiustizia per questa morte. Ci aiuta, il Natale. Dio nasce per amore e accetta anche la morte per rinascere in cielo… La malattia ci fa pellegrini alla scoperta di sé, Sinisa fece questa esperienza anche durante la guerra, che come diceva aveva un solo colore, il rosso del sangue. Era uomo ruvido, diretto, schietto, ma anche dolce e tenero». Il cardinale, legato a Sinisa da un’amicizia di anni, ha ricordato quella volta in cui nel 2008, durante la prima esperienza di Bologna, Miha volò a Medjugorie: «Mi disse “ho cominciato a piangere come un bambino. E mi sono sentito più forte e più uomo ”. Ecco chi è davvero grande. Aggiunse “da lì ho iniziato a pregare. Non bisogna dire “voglio, voglio”, ma “grazie, grazie”. Mi sono sentito appagato, pulito, come se mi fossi tolto di dosso tutti i pesi».