L’emergenza Coronavirus sta dilagando anche in Serie A, molti i giocatori risultati positivi al Covid-19. I medici hanno lanciato l’allarme per i calciatori, effettuare test ai positivi per vedere se possono riprendere a giocare regolarmente. L’edizione odierna del “Corriere dello Sport” fa il punto della situazione su tutti i rischi che possono avere i calciatori positivi al Coronavirus. E’ la madre di tutte le paure: cosa hanno subito le persone che sono state affette da Covid-19? Il mondo dello sport a breve (una settimana, massimo dieci giorni), arriverà a produrre un Protocollo operativo, che verrà redatto recependo le linee guida stabilite (come nel passato) dalla Federazione medico sportiva italiana, guidata da Maurizio Casasco. Nuovi esami di idoneità e esami particolarmente approfonditi con test di secondo e terzo livello (Tac e ecocardiografia sono esami di cui si è parlato).
Ma cosa rischiano ancora le persone affette (e guarite) da coronavirus e in che modo potranno riprendere la loro attività sportiva? I risultati sulle prime 155 autopsie, come indicato in altra parte di questa pagina, attraverso le parole del professor Pregliasco, rimandano a lesioni e patologie che potrebbero essere diretta conseguenza dell’azione dell’agente patogeno: ipertensioni, aritmie, danni cardiaci acuti e un 70 per cento di cardiopatia ischemica. E quindi cosa temono e cercano i medici sportivi? Caccia a tutti i possibili danni. La polmonite di tipo interstiziale causata dal virus, la prossimità e la sinergia dell’apparato respiratorio con la funzione cardiovascolare rendono cuore e polmoni organi a probabile rischio di lesioni. Che tipo di lesioni? Quali rischi? Non c’è evidenza scientifica, non esistono al momento studi validati dalla comunità dei ricercatori. Esiste una instancabile attività di investigazione stimolata dalle commissioni mediche delle federazioni e da alcune leghe, come ad esempio quella di serie B, particolarmente attenta e in prima linea, che hanno messo a fuoco il problema.
Che accadrà quindi nei prossimi giorni? Al dubbio della data sulla possibile ripresa dell’attività ci sarà anche la legittima riflessione su chi e dopo quali verifiche potrà tornare ad allenarsi e in un futuro a gareggiare. La capacità di guida della comunità, attraverso i diversi comitati scientifici, potrebbe indurre nel più breve tempo possibile a issare i termini della questione. Un ruolo nell’approntare eventuale protocollo, può averlo anche la Sezione Medica della FIGC, la cui guida è affidata al Prof. Paolo Zeppilli (profondo conoscitore dell’arte medica nel calcio). Una nuova visita di idoneità: al momento la tendenza prevalente, mentre, è sempre bene ricordarlo, i riscontri di tipo scientifico sono in costante evoluzione. «Siamo in trincea – commentano i medici impegnati – e da queste trincee, lungo le quali si combatte la battaglia per salvare più vite possibili, arrivano indicazioni che devono essere organizzate per capire che cosa sarà importante verificare in chi guarisce, in chi è stato trovato positivo e in chi si è avvicinato ed è stato messo in quarantena». Di queste preoccupazioni si sta tenendo conto nel testo che riceverà il contributo di decine e decine di medici dello sport e scienziati, coordinati da Casasco. E lo si sta approntando mentre in Italia la battaglia per salvare le vite è crepitante e drammatica. Come detto ci si dovrà sottoporre ad una nuova visita di idoneità e probabilmente ad esami di secondo e terzo livello. Il problema medico sarà quello di operare in una sorta di doppio binario: da un lato gli atleti che sono risultati positivi all’infezione da Covid-19 dall’altro tutti gli altri. L’altro problema grosso che bisognerà affrontare (rispettando la finalità principale dei medici dello sport), sarà quello di tutelare ed assicurare la salute, a prescindere dalla categoria in cui si gioca. Ma la domanda che si porrà, a breve, sarà ancora più incalzante: basta la visita di idoneità ad attestare uno stato di salute compatibile con la disciplina in cui gli atleti (professionisti ed amatori) sono impegnati? Qui l’Italia parte avvantaggiata perché a livello mondiale è il Paese che ha recepito, da ormai 50 anni, il concetto di diritto allo sport ma solo e solamente se ci sono le condizioni per tutelare la propria salute. Ci sono quindi degli obblighi di legge come quadro di un’azione che ha soprattutto un valore etico: come far tornare alle proprie attività gli atleti la cui esistenza è stata toccata da una malattia tutt’ora poco conosciuta alla scienza?
E’ ovvio che questa considerazione contrasta con chi mette davanti a tutto gli interessi economici del sistema dello showbusiness. Ed è altrettanto chiaro che su questo terreno le mediazioni saranno difficili. Una differenza sarà immediatamente evidente. Atleti risultati positivi e atleti non contagiati non saranno sottoposti allo stesso tipo di verifiche. Al nuovo protocollo guarda lo sport a livello internazionale, non solo perché l’Italia è purtroppo diventato laboratorio insieme alla Cina del contrasto al Covid-19, ma anche per il prestigio dell’organizzazione medico sportiva italiana nell’ambito della federazione medici internazionale guidata da un altro italiano, Fabio Pigozzi.