L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla vicenda che vede coinvolta l’AIA.
«Sono sconcertato». Qualcosa più di un semplice commento da parte del presidente della Figc, Gabriele Gravina. La notizia dell’arresto per traffico internazionale di stupefacenti del procuratore dell’Aia, Rosario D’Onofrio, avvenuto giovedì, non è stata certo accolta bene a via Allegri. Che da tempo aveva messo l’Associazione Italiana Arbitri sotto la lente d’ingrandimento, ma che ora vuole vederci chiaro. E così Gravina ha «subito chiesto riscontro al presidente Trentalange sulle modalità di selezione del Procuratore, in quanto la sua nomina è di esclusiva pertinenza del comitato nazionale su proposta del presidente dell’Aia. Una cosa è certa, la Figc assumerà tutte le decisioni necessarie a tutela della reputazione del mondo del calcio e della stessa classe arbitrale». Ma non solo, in campo è scesa anche la Procura federale, che ha chiesto gli atti dell’inchiesta Madera, coordinata dai pm Rosario Ferracane e Sara Ombra della Direzione distrettuale antimafia e che ha portato all’emissione di 42 ordini di custodia cautelare (26 in carcere) per traffico internazionale di sostanze stupefacenti. Al centro delle domande che si fanno in Figc, capire quale fosse lo “stato” di D’Onofrio all’epoca della nomina, uno dei primi atti della presidenza Trentalange, e perché – partendo da una presunzione di ignoranza – nessuno abbia fatto controlli per un ruolo che è estremamente delicato (effettuare le indagini sugli arbitri, organo di garanzia della Federcalcio).
Perché, secondo quanto emerge negli atti di chi ha indagato, Rosario D’Onofrio detto Rambo (o anche Rosco o Rox) sarebbe stato fermato e arrestato già nel maggio del 2020, sempre per lo stesso motivo (traffico di stupefacenti) e avrebbe preso 2 anni e 8 mesi. L’ex ufficiale dell’esercito, sospeso per motivi disciplinari (secondo chi indaga avrebbe dichiarato una laurea in medicina che non aveva), faceva parte di un’organizzazione dedica al traffico di marijuana e hashish fra la Spagna e l’Italia, trasportate nel giro di due anni e nascoste anche in un carro funebre in modo da sfuggire ai controlli. Perché, lo scenario è quello del lockdown per Covid, dove nessuno poteva uscire di casa. Non D’Onofrio, che con una divisa militare addosso, poteva girare liberamente, vantandosene al telefono: « Oh mi ha appena fermato la polizia locale. M’ha visto in divisa, il tesserino, m’ha salutato militarmente e ha detto: “no, no, grazie… buona giornata!”». Lui averebbe avuto anche la responsabilità di recapitare il denaro «ai cittadini cinesi affinché trasferissero illegalmente tali somme in Spagna» grazie alla “hawala”, un metodo di compensazione informale che consentiva di spostare il denaro non passando per i circuiti bancari ed evitando ogni controllo. Non solo, ma anche il compito di «procurare» le armi (i “ferri”) e, nel caso, anche usare modi brutali («Se lo prende dice lo tortura con la corrente» si legge).
L’AIA. La notizia ha colto l’AIA di sorpresa. In un comunicato, che spiega come siano gli associati ad avere l’obbligo di dichiarare eventuali procedimenti, pendenze e misure restrittive, si dice «vittima e indotta in errore (…) un vero e proprio tradimento per tutta l’AIA che non ha poteri istruttori». I punti oscuri restano. Si poteva usare maggiore attenzione nel nominare una figura apicale così delicata. O forse agire come fatto in altre situazioni, ovvero chiedere (o… accettare) le dimissioni dopo il deferimento della Figc per altre vicende (che leggerete a parte). Già, le dimissioni…