“Il Palermo si fa anche a cena. Per De Zerbi oggi cementare un’unione e far nascere uno spirito di gruppo ha in questo momento lo stesso valore di un risultato positivo. L’allenatore bresciano lo ha fatto capire ieri spiegando nei dettagli la curiosa abitudine che ultimamente ha preso la squadra. Quella di riunirsi almeno una volta la settimana tutti per cena. Ma non solo i componenti della rosa con lo staff ma anche magazzinieri, massaggiatori, dirigenti (Faggiano per primo) e chiunque in genere graviti attorno al Palermo con un compito definito. Una tavolata di 60 persone, ovviamente mogli comprese, per creare una sintonia, per stare di più assieme, per, parole di De Zerbi, «condividere la stessa linea di lavoro». Che non è un lavoro comune, com’è noto, ha enormi vantaggi ma anche precisi obblighi: «Il calcio non è timbrare un cartellino, è una cosa seria che va vissuta come tale al 100%». Pressappoco sempre lo stesso ristorante, situato proprio a ridosso dello stadio Barbera, in linea di massima il giovedì se non ci sono impegni infrasettimanali, esentati logicamente coloro che hanno un qualsiasi problema fisico. Cose normali in un team di lavoro, si dirà. Ma sicuramente più significative in uno spogliatoio che ha dovuto subire l’ennesima rivoluzione di uomini al comando. De Zerbi aveva la necessità di inserirsi il più in fretta possibile e anche questi sistemi possono rivelarsi utili, soprattutto in un gruppo giovane e molto variegato per lingua (ci sono stranieri di 15 diverse nazioni) ed abitudini. Comprese quelle alimentari.
Fronte comune. Il gruppo al posto dei leader. Ma c’è anche una riflessione tecnica che fa ritenere preziosa una scelta del genere. Il Palermo è una squadra dai discreti valori medi, che De Zerbi conta di far crescere sul piano tattico, predicando un calcio meno sparagnino e più coraggioso. Ma è composto essenzialmente da giocatori senza una specifica esperienza di categoria e che non hanno mai vinto nulla. È allenata da un giovane ambizioso e capace, ma pur sempre esordiente. Con grande accortezza, nonostante la giovane età, Roberto sembra già essersene reso conto. A volte anche lavorare tanto sul campo, insegnare schemi, tagli e movimenti appropriati non è sufficiente a far fare un salto di rendimento. Una frase detta ieri dal tecnico è stata eloquente: «Questo è un gruppo che a mio parere possiede grandi potenzialità, ma nessun giocatore che può prendere in mano tutto e guidare gli altri. Allora il lavoro lo deve fare ciascuno per la propria parte».
Gruppo. Dalla teoria alla pratica. Nelle prime partite della nuova gestione, qualche progresso si è visto ma De Zerbi sa che non basta. O che può non bastare, perché in Serie A ci sono valori individuali che finiscono per decidere le gare anche se tu le hai giocate bene o alla pari col tuo avversario. Ecco perché la condivisione del progetto e il fare fronte comune potrebbe in queste giornate diventare importante quanto una vittoria. Nel Palermo dello scorso anno c’erano degli uomini capaci di spostare l’inerzia di una partita con una giocata (Sorrentino, Vazquez, lo stesso Gilardino), elementi che nel Palermo attuale si sono rarefatti. Mancano i leader naturali, forse ad eccezione del solo Diamanti. Affidarsi al gruppo nella sua interezza (contando di riavere presto a disposizione Trajkovski e Quaison, che potrebbero esaltarsi in questo modulo) diventa un’arma che può produrre effetti anche sul campo. Tutti assieme, ciascuno per la propria parte, per riuscire a sopperire ad alcune mancanze evidenti sin dal primo giorno di campionato e non coperte neppure sul mercato. A gennaio poi sarà un’altra storia se Zamparini capirà la necessità di intervenire. Ma per adesso i gol che stentano a venire nonostante il buon approccio di De Zerbi, potrebbero arrivare anche in modo singolare. Per esempio, stimolati da una cena che crea lo spirito necessario per rischiare di più e superare i tuoi limiti”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.