L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Procura Federale e l’inchiesta Juve.
In procura federale sono convinti di aver trovato la pistola fumante. Ci vedono sopra persino le impronte digitali del presunto colpevole, oltre a un movente chiaro e a un alibi che scricchiola. Ecco perché il procuratore Chinè non ha perso tempo, proponendo subito il ricorso per revocazione della decisione del 17 maggio della Corte d’Appello (che confermò la sentenza del 15 aprile dal tribunale federale) e mandando le feste di traverso agli avvocati della Juve. La Corte ha già fissato la data e l’orario dell’udienza: venerdì 20 gennaio alle ore 12.30. Se il ricorso verrà considerato ammissibile, come auspica la procura, comincerà il processo plusvalenze bis.
Inizierebbe quindi il secondo tempo di una partita che nei primi 45’ – per restare al gergo calcistico – finì malissimo per l’accusa. Sessantuno indagati assolti (tra cui Agnelli, Paratici e De Laurentiis), 2,32 milioni di euro di multe stracciate, 458 mesi di inibizione cancellati da ben due gradi di giudizio endofederali (quelli solitamente favorevoli alla procura), 11 società entrate in processo con mille paure e uscite con la fedina pulita. Il modello matematico sviluppato dagli 007 federali – basato sul confronto con il sito Transfermarkt per stabilire il reale valore dei calciatori e smascherare le 51 “plusvalenze fittizie” – si rivelò un flop totale. Ma le carte della Procura di Torino hanno portato alla luce fatti che Chinè considera nuovi e sui quali non si è ancora formato un giudizio. La Juve sostiene esattamente il contrario, ritenendo che in virtù del principio giuridico del “ni bis in idem” non si possa tornare in aula per parlare ancora di plusvalenze.
La procura, puntando a una condanna esemplare, contesterà probabilmente la violazione degli articoli del codice di giustizia sportiva 4.1 (quello delle lealtà e della correttezza), 31 (illecito amministrativo) e 14 comma 1 lettera C (“aver indotto altri a violare le norme e le disposizioni federali”). Sommando i vari capi d’accusa, la Juve potrebbe rischiare da un’ammenda consistente fino all’esclusione dal campionato, ed è possibile che stavolta – a differenza di 8 mesi fa – nella requisitoria vengano chiesti dei punti di penalizzazione e non soltanto multe e inibizioni. Qualsiasi sanzione sarebbe afflittiva già nella stagione in corso. Regolamento alla mano, la pena massima (esclusione dal campionato) si prevede nel caso in cui le plusvalenze considerate fittizie siano servite non solo a sistemare in modo illecito i bilanci, ma a falsificarli tanto da ottenere dalla Covisoc la licenza nazionale e quindi il “via libera” all’iscrizione alla Serie A. Sotto inchiesta non c’è solo Juve, ma tutto ruota inevitabilmente attorno agli affari bianconeri, dei quali dovranno rispondere anche le controparti Empoli, Genoa, Novara, Parma, Pescara, Pisa, Pro Vercelli e Sampdoria. Non il Chievo e nemmeno il Napoli, che era stato coinvolto nel primo filone solamente per il caso Osimhen, già giudicato con assoluzione e senza novità in merito. L’unica procura della Repubblica a muoversi, fin qui, è stata infatti quella di Torino.
Le tempistiche sono chiare e soprattutto più snelle rispetto al passato, grazie al nuovo codice di giustizia sportiva voluto nel 2019 dal presidente federale Gravina. In qualsiasi caso, si deciderà in fretta. L’udienza doveva essere fissata entro 30 giorni e la Corte d’Appello federale guidata da Mario Torsello (lo stesso organismo che il 17 maggio smontò definitivamente il castello accusatorio della procura Figc) si è subito attivata, convocando le parti per il 20 gennaio; deciderà sia sull’ammissibilità del ricorso sia nel merito. Il successivo step giudiziario sarebbe quello del Collegio di Garanzia, cioè il terzo e ultimo grado del processo sportivo. È vero che l’ultima volta Torsello e i componenti della sezione prima (oggi sono Cardarelli, Castiglia, Coppari, D’Alessandri, De Zotti, La Greca, Morelli, Palmieri, Raiola, Saltelli, Tucciarelli e Varrone) hanno dato ragione ai club, ma senza fare orecchie da mercante sul problema delle plusvalenze che stanno intossicando il calcio. Contestarono l’insufficienza di prove della procura, evidenziando però nelle motivazioni “la necessità e l’urgenza di un intervento normativo sul tema”. È convinzione dell’accusa che i rilevamenti dei pm di Torino, dalle intercettazioni agli accordi privati sugli stipendi, siano sufficienti per far cambiare idea ai giudici. Perché è noto che due privati possono accordarsi sul prezzo di una compravendita al punto da non poter definire illecita una libera trattativa, ma è altrettanto vero che l’esistenza di un vero e proprio “metodo strutturato” nel ricorrere a certi tipi di plusvalenze per sistemare i conti è ammesso anche dai diretti interessati nelle conversazioni telefoniche divenute ormai di dominio pubblico.