L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul deferimento della Premier League al Manchester City.
Dopo un’inchiesta durata ben quattro anni arriva il deferimento della Premier League nei confronti del Manchester City, accusato di avere “gonfiato” le sponsorizzazioni per più di nove anni, di avere offuscato i costi (tra cui il contratto di Roberto Mancini, attuale commissario tecnico azzurro), di avere violato varie norme di sostenibilità vigenti in Premier League e di avere intralciato l’indagine. Adesso la palla passa ad una commissione indipendente che passerà in giudicato i più di cento capi d’accusa rivolti al club risalenti al periodo tra il 2009 e il 2018. Tra le possibili sanzioni vi sono multe, penalizzazioni di punti e addirittura l’esclusione dal campionato.
Il City ha fatto sapere che “accoglie con la favore l’opportunità di difendersi e fare chiarezza… perché questa questione venga messa a tacere una volta per tutte”. La base delle indagini sono le rivelazioni note come “Football Leaks” raccolte e pubblicate dalla rivista tedesca “Der Spiegel”. Secondo il teorema accusatorio, le mail e i documenti in loro possesso (ottenuti illegalmente, secondo il City) evidenzierebbero il fatto che il City, per rispettare il Fair Play Finanziario, gonfiava artificialmente gli introiti commerciali e le sponsorizzazioni. Secondo l’accusa, per aggirare il FPF, la proprietà del club avrebbe regolarmente girato forti somme ad aziende e sponsor legati alla famiglia reale di Abu Dhabi, facendoli poi entrare nelle casse del club sotto forma di sponsorizzazioni. Così facendo aumentavano gli introiti, permettendo al club di sostenere spese più alte sul mercato e finanziare lo stradominio del club negli ultimi anni. Sotto la lente degli inquirenti in particolare i contratti siglati dal club con Etihad e Etisalat, aziende legate alla famiglia reale di Abu Dhabi.
In pratica l’indagine ricalca per ampi tratti quella dell’Uefa che a febbraio 2020 squalificò il City per due stagioni. Un sentenza poi ribaltata dal Tas di Losanna cinque mesi dopo. Alle base delle motivazioni del Tas vi era il fatto che l’Uefa non aveva fornito sufficienti prove per alcuni capi d’accusa mentre per altri erano prescritti (il club venne comunque colpito da una maxi-ammenda di dieci milioni di euro per avere intralciato l’operato degli investigatori)
E proprio qui sta la differenza, perché il codice della Premier League non prevede la prescrizione. E quindi quella parte di presunti reati che l’Uefa avrebbe imputato al City che però non erano stati ritenuti punibili dal Tas saranno giudicati dalla commissione indipendente della Premier League. Nel mirino anche il contratto di Mancini che, secondo l’accusa, avrebbe ricevuto uno stipendio dal City e un’altro come consulente dell’Al Jazira, club degli emirati di proprietà dello Sceicco Mansour.
Adesso la palla passa a Murray Rosen, presidente del comitato giudiziario della Premier League. Sarà lui a scegliere i tre giudici del comitato indipendente. In caso di condanna, il City avrà comunque diritto d’appello, sempre presso la Premier League con una commissione scelta da Rosen. In base alla regole della lega inglese non è previsto l’appello al Tas. Non si esclude però che il City possa chiederlo comunque. La Premier League non conferma i tempi, ma l’obiettivo è di raggiungere un verdetto finale prima della fine del campionato. E visti i sei campionati vinti negli ultimi dieci anni (e le conseguenze su altri club) non si esclude neanche che, in caso di condanna, altri club possano chiedere danni per mancati introiti.