L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Sangiovese e il Grosseto e le condizioni in cui si ritrovano a giocare.
Il caro vecchio calcio di provincia a volte fa brutti scherzi. Sarà pure l’ultima religione laica dei nostri tempi, ma il rischio è che diventi una rappresentazione talmente dissacrante del rito da trasformare una gara di Serie D in una fantozziana sfida tra scapoli e ammogliati. E un campionato nazionale non può permetterselo. A San Giovanni Valdarno (casa Sarri per intenderci, dove Mau ha allenato per la prima volta nei professionisti) il 15 marzo si stava per giocare un derby tra Sangiovannese e Grosseto con entrambe le porte più basse di 10 cm rispetto alla misura prevista dal regolamento (2 metri e 44 di altezza). Ad accorgersi del macroscopico errore, durante il riscaldamento, è stato il portiere della formazione ospite, Tommaso Nannetti («se salto, quasi tocco la testa con la traversa» ripeteva incredulo ai compagni). Dopo la protesta formale del Grosseto, è stata scavata una buca lungo tutta la linea di porta per cercare di rimediare. Il risultato? Discutibile, come dimostrano le foto in questa pagina.
SCAVI. Per risolvere in fretta la situazione, i panchinari della Sangiovannese e i dirigenti locali hanno preso picconi, zappe e vanghe e hanno iniziato a portare via zolle di terreno, tra lo stupore del pubblico presente. Una scena d’altri tempi. Curiosi e personaggi con dubbia esperienza edilizia – qualcuno ha scavato persino a mani nude – sono riusciti a realizzare una complessa e al tempo stesso affascinante opera ingegneristica. E dopo aver ammirato quella che passerà alla storia come “la trincea di San Giovanni”, l’arbitro Gabriele Caggiari della sezione di Cagliari ha fischiato l’inizio dell’incontro, una partita poi tutto sommato godibile, finita 1-1 con tre rigori e altrettante espulsioni. Mettiamola così: l’arbitro avrà valutato i rischi connessi a quel “via libera”, anche che la palla passando da quelle parti si potesse bloccare sulla linea… Vista la rivalità tra le due squadre, sarebbe successo probabilmente il finimondo.
RICORSO. «Il direttore di gara nel proprio referto afferma chiaramente che la società locale è riuscita a regolarizzare le porte e le sue relative dimensioni» ha scritto il giudice sportivo nel comunicato, omologando il risultato. Il Grosseto si è rivolto al tribunale federale con l’avvocato Grassani per chiedere lo 0-3 a tavolino, senza però riuscire a ribaltare la decisione del giudice. L’unica sanzione per la società ospitante è stata una multa di 300 euro per aver ritardato il calcio d’inizio di 36 minuti. Tra due giorni, giovedì 20 aprile, in Corte d’Appello si discuterà un reclamo attesissimo che in un senso o nell’altro farà giurisprudenza. Di sicuro non ci sono precedenti a questo livello, che è dilettantismo su carta ma semi-professionismo nei fatti (per allestire una squadra da vertice in D serve, in media, un investimento da 2 milioni). A prescindere dai torti o dalle ragioni, secondo i ricorrenti il vero rischio di questa storia è il “far west” delle regole: se è lecito avere una porta più bassa rispetto alle misure previste, qualcuno potrebbe pretendere di giocare una gara su 80 minuti anziché su 90, chiudendo pure un occhio sulla grandezza dell’area o magari su delle linee del campo un po’ storte. Nei campionati di base, magari in Seconda o in Terza Categoria, probabilmente è capitato pure di peggio. Lì però è tutto un altro mondo, e il romanticismo del pallone che si mescola alla terra e al fango (in quei pochi campi dove non c’è già il sintetico…) regala ancora storie al confine tra la leggenda e la realtà.