L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul modello Frosinone con la lezione di Stirpe.
Oscurata da un lutto terribile e resa amara dall’imprevedibilità della vita, la lezione di stile e concretezza di Maurizio Stirpe al calcio italiano resterà comunque indelebile per sempre. Anzi proprio questa vicissitudine giunta improvvisa e ingenerosa in prossimità del traguardo, ne amplifica la forza e la portata.
Anche perché dietro al miracolo Frosinone c’è tanta passione e molteplici competenze che lo hanno reso possibile. Non si ottengono, d’altra parte, tre promozioni in Serie A in 8 anni, sfiorandone un’altra per un gol di scarto contro lo Spezia di Guido Angelozzi, altro artefice di questo successo tutt’altro che scontato e anche per questo bellissimo. Alla base c’è una visione e la capacità di elaborare e imparare anche dalle sconfitte che spesso accompagnano e seguono imprese inenarrabili. Diversamente, infatti, è quasi impossibile non finire in quel frullatore che è diventato il calcio italiano, con grandi piazze travolte dai debiti e incapaci di essere quanto meno alla pari della passione della gente o di alimentare sogni possibili. A
Frosinone è andata esattamente in maniera opposta complice la nostalgia di futuro che ha sempre animato il patron giallazzurro in questa esperienza che va oltre il calcio e tocca l’identità della sua terra e della sua gente, prima ancora che di una famiglia ormai per sempre nella storia del calcio italiano. Identità, infrastrutture e talenti da valorizzare sono state le direttrici imposte al club dall’industriale frusinate. Così, una piccola città è riuscita non solo ad andare ancora in A spazzando via tanti pregiudizi e tanti cripto-oppositori del passato. Ma a creare un modello da emulare affinché il trionfo non diventi vanagloria in un attimo!