L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su nuovo format serie C bocciato dall’assemblea di Lega.
Le cosiddette “grandi” hanno preso a picconate il progetto del presidente della Lega Pro, Francesco Ghirelli. Quella del nuovo format della Serie C, in fondo, era la sua partita: l’aveva pensata e studiata a lungo, prima di sottoporla ai 60 club con la speranza che comprendessero la sua visione. Ghirelli voleva stravolgere il campionato raddoppiando il numero dei gironi (da 3 a 6) senza toccare il numero delle squadre, togliendo le promozioni dirette in B al termine della regular season e promettendo l’equazione “più spettacolo uguale più soldi per tutti” attraverso tre differenti fasi. Ma ha perso, con la forbice dei “no” che durante l’assemblea di ieri in un hotel a Fiumicino si è allargata fino a quota 24 su 59 votanti (tutte tranne la Juventus U23, che non poteva esprimersi), con una scheda nulla. Pare sia stata addirittura scarabocchiata, a voler ribadire l’ostilità nei confronti di questa idea.
I no . Il fronte dei contrari non sarebbe dovuto arrivare a 20 secondo le previsioni ottimistiche della vigilia: servivano i 2/3 dell’assemblea (cioè 40 sì), ma non c’è stato verso di portare a compimento la rivoluzione. E così le parole a caldo del presidente sono state di una freddezza glaciale: «Nessun commento da parte mia, solo la presa d’atto come è doveroso nel gioco democratico». Si è sentito sfiduciato e pugnalato alle spalle. Entella, Catanzaro, Padova, Avellino e Pescara hanno guidato il fronte del “no”, ottenendo una vittoria anche politica in una fase di incertezza e instabilità per il calcio italiano. A loro si dovrebbero essere aggiunte altre big come FeralpiSalò, Vicenza, Novara, Pordenone, Reggiana e Crotone.
Il condizionale è d’obbligo, visto che il voto si è svolto a scrutinio segreto dopo la richiesta di alcuni club in consiglio direttivo. La spaccatura è comunque evidente e profonda, con ricadute in termini di fiducia nella governance: 24 contrari a una proposta-bandiera significa che, in media, 8 squadre per girone hanno preso le distanze dalla loro guida politica, consapevoli quanto fosse importante per Ghirelli la revisione del format. Nei giorni scorsi il presidente parlava, non a caso, di «occasione colossale per la sostenibilità dei club», promettendo «l’aumento degli incassi da stadio, un maggior coinvolgimento dei tifosi, degli sponsor e più soldi dai diritti tv».
Le ragioni di chi ha votato contro vanno dalla mancata condivisione delle idee (l’hanno definita «una riforma calata dall’alto») alla volontà di evitare fughe in avanti visto che la Figc sta tentando la strada della riforma strutturale dell’intero sistema; molti sono ancora attratti dall’idea della B Elite (una zona cuscinetto tra B e C) prospettata dal presidente federale Gravina. Sotto il profilo dei contenuti, inoltre, è stata contestata a Ghirelli la troppa “regionalità” della prima fase (6 gironi da 10 squadre) che secondo gli oppositori avrebbe reso il campionato di C non più nazionale. E poi, a proposito di big, la mancanza di promozioni dirette (sostituite da pool promozione e playoff), causerebbe secondo le società più facoltose un’incertezza del risultato che cozza con la volontà di investire.
Anche su sponsor e diritti tv c’è chi ha fatto i conti, evidenziando come non fossero automatici col nuovo format i maggiori investimenti da parte delle aziende e come i 2 milioni di euro in più dalle televisioni (prospettati dalla Lega Pro) avrebbero portato appena 35 mila euro a testa alle società (e soltanto fra tre anni). Ghirelli nei giorni scorsi ha ribadito punto su punto, fornendo rassicurazioni e combattendo le resistenze a un cambiamento che riteneva fondamentale per la sopravvivenza della categoria. Prima della votazione, è salito sul palco il Dg dell’Entella, Matteo Matteazzi, che ha sottolineato i vari argomenti non graditi al fronte del “no”. Approvate all’unanimità, invece, altre proposte sullo sviluppo dei settori giovanili e sulle seconde squadre.