L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla crisi Juve e l’allarme dopo il crollo delle azioni in borsa.
Non avranno buone notizie i tifosi della Juve dall’aumento di capitale di cui sono ora note le condizioni economiche. Intanto la borsa ne ha stroncato le azioni con un ribasso del 10% e stavolta non c’entra il Covid, né le prestazioni deludenti della squadra di Allegri, ma l’impatto fortemente diluitivo per i vecchi azionisti.
I 400 milioni che i soci dovranno sborsare per mantenere integra la loro quota percentuale rappresenteranno infatti, quando l’operazione sarà completata, il 47,4% del capitale. Ciò significa attribuire – a posteriori – alla Juventus un valore complessivo di 844 milioni. Al prezzo attuale di 61 centesimi per azione, il mercato è già posizionato su queste cifre, valutando il club 817 milioni e dando così per scontato che l’intera offerta di titoli sarà assorbita. L’ipotesi è certa perché un consorzio di banche (JP Morgan, Goldman Sachs, Mediobanca, Unicredit) assorbirà le azioni eventualmente inoptate dagli azionisti. La controllante Exor si è comunque impegnata a sottoscrivere la sua quota (63,8%) con un esborso di 255,2 milioni, ma l’evidente incertezza sull’appetibilità dell’operazione (soprattutto per i fondi d’investimento) ha richiesto lo sconto del 35% sul prezzo teorico. Un imponente deprezzamento del capitale che ha trascinato al ribasso le azioni.
Che significa tutto ciò per le prospettive bianconere? Il futuro non appare roseo: il valore attuale del club ha toccato minimi che non si vedevano dal 2018, prima che l’operazione CR7 e l’escalation di follower alimentassero aspettative di crescita che lo hanno spinto al massimo (1,7 miliardi) prima della pandemia. Da quel momento, tutti gli asset calcistici si sono deprezzati ma la Juve ha perso oltre metà del suo valore, mentre club come lo United viaggiano a -24% dai livelli pre-Covid.
L’aumento di capitale odierno è molto diverso da quello del 2019. È un aumento difensivo mentre quello mirava a sostenere la crescita. Tenterà di ricostituire quanto l’impatto devastante degli ultimi due anni ha cancellato ma, perché ciò riesca ed abbia effetti duraturi, si deve arrestare l’emorragia di perdite che affligge il club, ancora lontanissimo dall’equilibrio economico. Finché questa condizione virtuosa non sarà ripristinata, cioè finché la gestione non ricomincerà a generare almeno le risorse che assorbe, ogni intervento degli azionisti sarà come pompare acqua in un recipiente bucato.