Corriere dello Sport: “Juve a 59 punti, per ora. C’è il rischio di una nuova penalizzazione”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sulla Juventus e la sentenza del CONI in merito alla penalizzazione in classifica.

Esistono i fatti e poi gli scenari. I primi, nudi e crudi, dicono che la Juventus scenderà in campo domenica sera contro il Napoli da terza in classifica, avendo scavalcato in un colpo solo Atalanta, Inter, Milan e Roma. I 15 punti sono tornati, ma come l’annullamento del Collegio di Garanzia dello Sport è «con rinvio» e questa sentenza somiglia a un gol segnato con il dubbio di essere in fuorigioco: vorresti esultare, dire «ce l’ho fatta!», ma aspetti perché l’intervento del Var è dietro l’angolo. La moviola in questo caso si chiama Corte federale d’Appello, nuovamente chiamata in causa (per la terza volta!) sulla questione plusvalenze. La prima volta la CFA ha assolto tutti perché non esiste un parametro di riferimento per definire “fittizia” un’operazione di mercato; nel secondo caso (revocando la sentenza di 7 mesi prima) ha dato la stangata del -15 poiché le intercettazioni «con valore confessorio», il «libro nero di FP» e gli altri elementi dell’inchiesta Prisma della procura di Torino avrebbero configurato la presenza di «un sistema volto ad aggirare le regole e la lealtà sportiva».

La Juve, viceversa, ha sempre lamentato di essere stata condannata per un mix di norme («un unicum giuridico» sostiene la difesa) e per un illecito non previsto dal regolamento. Nella terza udienza, che dovrebbe tenersi entro la fine del campionato, si partirà da un presupposto: Agnelli, Arrivabene, Paratici e Cherubini, quattro dirigenti apicali, sono stati condannati in via definitiva per la giustizia sportiva, avendo il Collegio rigettato ieri il loro ricorso: 2 anni per l’ex presidente e per l’ex ad, 2 anni e mezzo per l’ex diesse (ora al Tottenham, chissà per quanto) e 1 anno e 4 mesi per Cherubini.  Non è un fatto di poco conto, ma il collegamento tra queste condanne e una penalizzazione in classifica non è automatico giuridicamente parlando. La violazione dell’art. 4.1 comporta una serie di sanzioni che partono con l’ammenda, e la Juve sostenendo di essere innocente tenterà di uscirne con una multa. Ieri la giuria “a sezioni unite” presieduta da Gabriella Palmieri Sandulli, rinviando la palla di nuovo nel campo del giudice di secondo grado («in diversa composizione» viene specificato) con una giocata “in punta di diritto” ha comunque offerto alla Corte tutti gli strumenti per giudicare ancora negativamente l’operato della Juve, senza però prendersi la responsabilità di annullare totalmente la sentenza del 20 gennaio (come chiedeva la Vecchia Signora) o viceversa confermando il -15.

L’impianto accusatorio del procuratore Figc Chiné ha retto e quattro dirigenti di primissimo piano sono stati ritenuti colpevoli senza possibilità di ulteriore appello. Nella sentenza di ieri, arrivata a 24 ore dall’udienza di mercoledì al Salone d’Onore del Coni, il Collegio non ha detto alla CFA “avete sbagliato a dare 15 punti di penalizzazione” bensì “la sentenza va motivata meglio di come è stato fatto perché ha delle lacune”, in particolare nel collegare gli illeciti contestati alle responsabilità dei singoli dirigenti. E non è una sfumatura linguistica. Non è stata comunque una decisione facile: per trovare un accordo la camera di consiglio si è riunita tre volte, con discussioni accese. Il nodo della sentenza è proprio qui: «Rinviamo alla Corte d’Appello perché rinnovi la sua valutazione, in particolare, in ordine alla determinazione dell’apporto causale dei singoli amministratori, fornendone adeguata motivazione e traendone le eventuali conseguenze anche in ordine alla sanzione irrogata a carico della Juve». Non a caso, il vicepresidente Nedved (che non è tra i protagonisti delle intercettazioni) e gli altri componenti del consiglio d’amministrazione (Vellano, Garimberti, Grazioli Venier e Hughes) torneranno in giudizio pure loro assieme alla società e possono ancora essere riabilitati dopo gli 8 mesi di inibizione a testa inflitti dalla Corte. La loro eventuale innocenza potrebbe certamente aiutare la difesa bianconera.

Il ricorso strutturato in 99 pagine e in 9 punti, di fatto, ne esce depotenziato: la revocazione è stata giudicata ammissibile, il “thema decindendum” non è stato considerato violato (e dunque la base resta l’art. 4.1, «lealtà, probità e correttezza», il caposaldo dell’ordinamento), il materiale probaborio sembra reggere e non vi sarebbe stato alcun vizio procedurale. Di sicuro, invece, resta in discussione il motivo n. 7 del reclamo: Chiné aveva chiesto 9 punti di penalizzazione durante la requisitoria del 20 gennaio, perché la Corte presieduta da Mario Luigi Torsello ne ha inflitti 15? I giudici risponderebbero che si sono sentiti «scandalizzati» per ciò che avevano trovato nelle 14 mila pagine dell’inchiesta Prisma, ma per il Collegio di Garanzia mancano dei passaggi e i legali – su tutti l’avvocato Bellacosa che mercoledì ha parlato di «nave che ha perso la rotta» – promettono ancora battaglia. In ambienti giuridici si parla già di “vittoria” dell’accusa ipotizzando ciò che potrebbe accadere nel nuovo processo. Ma le motivazioni del Collegio faranno la differenza, in un senso o nell’altro. Intanto, è stata sposata in pieno la linea procuratore generale dello sport, Ugo Taucer, che mercoledì aveva preso in contropiede tutti: «Mi pronuncio per il respingimento delle richieste, ma rispetto all’applicazione dell’art. 4 temo che effettivamente vi sia un’infondatezza rispetto ai punti e una carenza di motivazione da valutare in un nuovo giudizio»