L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” riporta un’intervista a Roger Ibanez, calciatore brasiliano che si propone a Mancini.
Roger Ibañez è un brasiliano atipico, perché è nato nel Sud dove i suoni del carnevale di Rio non arrivano e perché la madre Valeria è uruguayana di Montevideo. Ma in termini di positività, allegria, leggerezza ricalca proprio gli stereotipi dell’atleta che interpreta la professione come un divertimento.
I segni, dicevamo. Una cicatrice enorme sulla coscia destra: «Quando avevo 12 anni ero in ritardo per prendere il pullman della scuola. Sono scivolato da una scala di legno e sono finito su un chiodo. Per due centimetri quel chiodo non mi ha reciso l’arteria femorale».
Senza un po’ di fortuna non si arriva lontano. E la Roma era scritta nel suo destino. Ecco l’altro segno: «Ho tanti tatuaggi. Uno è un lupo, qui sul braccio». Facile, l’avrà fatto a Trigoria: «No, in Brasile. Ho sempre amato i lupi, che trovano forza nel gruppo». Il branco, come recita lo slogan del club. E di questo gruppo che domenica prova a spaventare la Juventus, Ibañez va fiero: «Con Mourinho ti viene voglia di imparare ogni giorno. E’ un allenatore che ti cambia le prospettive. Lui dice, tu fai».
Ma nella testa di questo ragazzo che a 23 anni è già padre c’è anche un sogno concreto: la nazionale. Brasiliana, possibilmente, ma se dovessero chiamare l’Uruguay e soprattutto l’Italia…Il Brasile la voleva già all’Olimpiade. Mourinho ha preferito evitare. «In realtà Mourinho sapeva quanto io ci tenessi: mi ha solo detto occhio, se non vieni in ritiro poi devi recuperare il terreno perduto. Io sarei andato, perché un’occasione del genere non capita spesso. Poi abbiamo vinto la medaglia d’oro. … Ma la Roma ha deciso che era meglio di no e allora bene così».
Per la nazionale maggiore il tempo non manca. «Ho tre passaporti. Io sono nato in Brasile, mi sento brasiliano e vorrei giocare nel Brasile. Ma vediamo. Ascolto chi mi chiamerà, il calcio è cambiato: tante squadre naturalizzano i giocatori».
Ne ha già parlato con i brasiliani azzurri? «No, non ancora. Ma Toloi è mio amico. E’ stato un punto di riferimento importante per me quando sono arrivato a Bergamo. Vedremo cosa succederà, appunto».