“Un confronto, a caldo, venerdì notte, nel suo stadio, con i senatori, suoi Grandi Elettori di un anno e mezzo fa, quando il presidente Tavecchio chiese il timbro dei big sulla sua scelta per il dopo Conte. Poi, ieri, con ancora la questione qualificazione in ballo, a freddo, il confronto “privato” della squadra, in albergo, senza lo staff tecnico presente, in cui i giocatori, Buffon in testa, si sono detti quello che c’era da dirsi: «Qui ognuno deve pensare a come dare il proprio meglio, senza continuare a fare a scaricabarile, a cercare alibi e non assumersi responsabilità». Questo il senso del messaggio lanciato per venire fuori dal cul de sac tecnico-emotivo seguito al tonfo del Bernabeu. Una circostanza di cui non si ricordano precedenti “noti” in azzurro. Tanto per dare il senso della tensione montante non solo intorno ma dentro la Nazionale. Ne è uscito un patto contro la grande paura, contro l’ombra che si stava allungando sulla Nazionale: la mancata qualificazione a Russia 2018. Diventato poi, grazie al Belgio, il patto per il mondiale.
IL PATTO. Il giorno più lungo di Gian Piero Ventura e dei suoi azzurri è finito quando intorno all’ora di cena, sul glorioso Filadelfia, è stato innalzato simbolicamente il tricolore… belga. Che nottata, quella torinese: tensioni, mugugni, soprattutto un summit nello spogliatoio del Grande Torino, tra il ct e il blocco dei senatori azzurri, Buffon, Bonucci, Barzagli, Chiellini. Una riunione-verità, iniziata con un discorso del commissario tecnico alla squadra, divenuta ristretta, col resto del gruppo che lasciava lo stadio, servita a mettere i primi puntini sulle i della situazione, come subito ufficializzato dal capitano Buffon: «Il mister ha parlato, se serve lo faremo tra noi. Ora, tocca ai giocatori, soprattutto ai senatori, caricarsi il fardello delle responsabilità, sgravando i più giovani. E niente alibi da perdenti: non ci sono complotti, nessuno rema contro». Il numero uno bianconerazzurro, grande anima della squadra, aveva espresso il sentimento maturato alla fine di Italia-Macedonia: un pareggio accolto da tutti, anche all’interno dello spogliatoio, come una sconfitta, per il modo in cui era maturato.
SOSPESI. Ore sospese in casa azzurra, si sono poi susseguite per tutta la giornata di ieri. Nella sede del ritiro azzurro il quadro di tutte le possibilità legate ai risultati delle altre squadre, preparato con puntiglio dal segretario Vladovich, è stato al centro dell’attenzione. Si cercava di capire cosa sarebbe successo se… in base a chi fa cosa, aspettando naturalmente Bosnia-Belgio. Anche l’incredibile altalena del risultato a Sarajevo ha aggiunto pathos alla situazione. Il finale di partita è coinciso con la fine dell’allenamento al Filadelfia, con i giocatori che uscivano alla spicciolata, seguendo sui propri smartphone l’evolversi della situazione. Intanto affioravano commenti a voce alta: «Ci aspetta un campaccio…». «Sarà complicato…». Fino al respiro liberatorio dell’intera delegazione azzurra all’annuncio definitivo del ko bosniaco, buono per entrare certamente tra le 8 migliori seconde tra le squadre dei gironi europei di qualificazione. Risultato che vale i play off di novembre. «Il punto è che se giochiamo così al Mondiale non ci arriviamo…». Non si tratta del commento critico “civile” più comune tra quelli circolati dopo l’1-1 del Grande Torino, ma anche del pensiero espresso anche dallo stesso ct a caldo e dai suoi più importanti giocatori. Che non sembrano averlo abbandonato. Ovvio che questo frangente, con questo tipo di sviluppo, con i colloqui che si sono avuti, con le loro modalità particolari possono avere molte evoluzioni. Ma da che mondo è mondo non c’è squadra senza sintonia piena tra giocatori e allenatore, oltre a quella “interna”. Però, la forte sensazione che ognuno delle parti in campo abbia chiesto qualcosa all’altro, una sorta di garanzia reciproca. Per fortuna, dopo la sicurezza dell’accesso ai playoff , l’orizzonte di questa Nazionale si è allungato. E il tempo si spera che serva a tutti per risolvere ogni emergenza adesso accesa, a partire dalle tante assenze.
CERTEZZE. Perdere certezze nel calcio pesa come se non più di perdere un match. Il filo del discorso tecnico-tattico, costruito in un anno, non c’è dubbio che si è smarrito a Madrid. A normalizzare la situazione non è servito neppure il rinnovo del contratto di Ventura, perfezionato la scorsa settimana. Oggi volerà in Albania con la squadra anche il presidente Tavecchio. Non farà altro che ribadire fiducia all’uomo prima ancora che all’allenatore, anche se l’inquietudine intorno agli ultimi risultati della squadra e al modo in cui sono stati conseguiti non è certo negata in Federazione. Di sicuro non sono alle viste ipotesi fantatecniche. Certo, la prova di domani a Scutari dovrà servire a rimettere in moto almeno qualche vibrazione positiva, in vista poi della madre di tutte le partite di qualificazione: il doppio impegno di novembre che deciderà molti destini”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.