Corriere dello Sport: “Italia fuori dal Mondiale. I peccati di Gigio e Ciro”

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sull’Italia fuori dal Mondiale.

Passa un campo intero tra i due, un campo attraversato per tutta la sera nera dalle illusioni, dalle idee striminzite, dal calcio sfiorito, dalle anime perse di un’Italia che forse ha smarrito il futuro. Gianluigi Donnarumma a un estremo, Ciro Immobile dall’altro. Senza peccato entrambi ed entrambi con qualche colpa. Donnarumma ha la colpa di non essere arrivato su quel tiro liquido, ansimante, prevedibile di Aleksandar Trajkovski, uno che a Palermo ha dedicato quattro anni della sua vita e sedici gol. Il diciassettesimo, ieri, invece di esaltare quelpubblico gli ha sottratto il fiato. Immobile ha la colpa semplicemente di essere stato sé stesso. Senza trasfigurazione, senza vendette sul destino. Padrone del mondo nella Lazio, fuori del Mondiale con l’Italia. Splendido e inarrestabile vestito di celeste, fioco e impalpabile vestito d’azzurro. Chissà perché Immobile si è meritato questo, in quale vita passata di antiche trasgressioni. Non è solo questione di diverso livello d’impegno. Sarebbe una spiegazione semplice, se solo fosse vera. Non lo è. Altrimenti a Palermo, nella partita in cui le 55 presenze in Nazionale gli avevano fatto guadagnare la dignità di capitano, in mezzo ai difensori macedoni decisi ma rozzi avrebbe dovuto spaccare.

Invece. Da parte sua neppure un tiro arrivato al portiere, tra i 32 azzardati dalla squadra. Laddove almeno Berardi è riuscito a raggiungergli i guanti. Un’occasione sbatuta sulle gambe dei difensori. Un lungo, inutile tentativo di andare verso la meta, verticalizzare il gioco, chiedere illuminazioni agli altri, ma sempre alla cieca, con le gambe indurite dalla tensione e l’angoscia di non essere al posto giusto nel momento giusto. Mai o quasi mai. E alla fine anche l’ironia acida di essere sostituito da Lorenzo Pellegrini, al quale aveva già dovuto consegnare gli onori del derby romano, appena domenica scorsa. Almeno, Donnarumma ha in sorte il ricordo di essere stato l’eroe per la retorica e il protagonista per la cronaca dell’Europeo che oggi sembra un lontanissimo prodigio più leggendario che storico. E ieri Giorgio Chiellini, capitano con più gradi di Immobile, glielo ha ricordato sollevandolo alla fine della partita e tentando di spegnergli il pianto. Non è un errore che possa erodere la carriera di un portiere, questo di ieri. Assai peggio, se vogliamo mantenerci razionali, quello che ha spalancato le chiuse all’eliminazione del Paris Saint-Germain da parte del Real Madrid in Champions League. Però immedesimiamoci un istante in Donnarumma, immaginando quello che ha vissuto ieri, in quei minuscoli istanti in cui si è allungato per tutto lo spazio che la natura gli ha concesso dalla pianta dei piedi alla punta delle dita, vedendo il pallone avvicinarsi, supponendo con l’istinto infallibile del portiere che non sarebbe andato sprecato, che stava portando con sé l’impensabile, la sconfitta definitiva, lo scherzo del fato che distrugge la razionalità del mondo. E l’attimo in cui lo ha sfiorato e non lo ha fermato e lo ha visto finire nella cruna dell’ago. Sfiga, dice Verratti. La legge del calcio, dice Gravina. Ma molto di più per Gigio: la notte che si raffredda, la vita che precipita in un buco.

Poi ovviamente pensi che è tutto un gioco, anche se ci riempie le giornate e vale miliardi di euro. E te ne fai una ragione. Ma forse è peggio. Donnarumma comincia a pensare che la sua atività di portiere sta attraversando una fase di dolorosa involuzione: colpevole di involontari tradimenti nel suo club e in Nazionale, procuratore di delusioni. Immobile – a trentadue anni e quindi distante dalla beata gioventù di Donnarumma, il quale nonostante tutto ha ancora una lunga strada azzurra davanti – comincerà a interrogarsi su questa schizofrenia tecnica, sulla sua inadeguatezza internazionale che in realtà non ha alcuna ragion d’essere eppure è. Perché questo ci lascia addosso la sconfitta che priva una generazione intera della frenesia del Mondiale. Dubbi esistenziali, rabbia impotente e mal di stomaco. E hai voglia a tentare di razionalizzare, a rammentarti che esistono drammi veri, tragedie immani e vicine. Colpi allo stomaco così fanno male. A noi. Pensate a chi diventa simbolo e volto della disfatta. Va bene, so’ ragazzi. Passerà. Ma intanto devono attraversare questa notte fredda.