Corriere dello Sport: “In panchina: quanti esoneri, la A da record. Sono 9 le società che hanno optato per la svolta. Il Palermo di Zamparini batte tutti: sarà finita?”

“Cambia che ti passa. Tanto quello giusto è sempre il prossimo. L’agenzia per il lavoro degli allenatori in serie A fa orario continuato. L’esonerato non fa drammi: sa che rientrerà. E far parte della categoria dell’allenatore subentrante fa tendenza, come lo psicologo dei rotweiler, l’insegnante di yoga per telefono o – tenetevi forte – il «broadband architect», altri non è che un elettricista laureato che ti organizza i contenuti interattivi di internet e tivù in casa (esiste davvero). La serie A, lo sappiamo, è storicamente un terreno minato, la sindrome Zamparini (Esonero dunque sono) si è diffusa a tutti i livelli, il famoso «progetto» è fuffa buona per le dichiarazioni da ombrellone, quando è estate e tutti gli obiettivi sono raggiungibili.  RIVOLUZIONE. Quest’anno in serie A abbiamo cambiato con una frenesia che stupisce solo chi non ci conosce: 9 squadre hanno cambiato allenatore – praticamente una su due – e a tutti i livelli, da chi punta alla Champions a chi sta con un piede nel baratro, 17 sono stati gli avvicendamenti in panchina, addirittura 22 gli allenatori che si sono alternati, compresi i traghettatori, nemmeno alle giostre si viaggia su questi ritmi. E’ questo, i 22 che si sono seduti nelle 9 panchine, il record. C’è da vantarsi. Poteva andare peggio. O meglio. Certo, la farsa che sta andando in scena a Palermo non ha eguali al mondo (e c’è il sospetto che non sia ancora finita), ma la fotografia di quello che è successo non è così semplice da decifrare. Le rivoluzioni portano cambiamenti, vediamo quali. MIGLIORAMENTI. Cambiare è servito? Cioè: cambiare paga, o si torna al punto di partenza? Roma, sì, fortissimamente sì. Spalletti, lui, è già da Champions, la squadra – con lui – ha preso coscienza di esserlo. C’era una Roma (grigia, anonima) con Garcia e c’è una Roma (brillante, tosta) con Spalletti: due mondi agli antipodi. Bologna, sì. Con Rossi dopo dieci giornate era terzultimo, Donadoni l’ha issato – due settimane fa – al 9° posto, lì dove l’Europa profuma di sogno, ora – nonostante un calo fisiologico – la salvezza è garantita. Verona, sì. Del Neri meglio di Mandorlini, anche se la salvezza resta un miraggio, meno di prima, ma pur sempre lontana. Va detto: la situazione all’Hellas era già seriamente compromessa. Carpi, sì e con tanti rimpianti, perché l’intermezzo Sannino ha solo rallentato il processo di crescita del gruppo di Castori. Palermo, ah ah. Un uomo solo al comando: Iachini. Con lui, salvezza in carrozza. Con gli altri, chissà. Lazio, pare di sì, ma Inzaghi va valutato nel lungo (cioè almeno per quanto ci diranno queste ultime sei partite). Udinese, sensazione positiva. Colantuono con la sua media punti (1,03) si sarebbe salvato, De Canio (1,33) si salverà probabilmente meglio, senza ansie eccessive. Sampdoria, no – se ci atteniamo ai numeri – ma forse sì. Cioè: Zenga aveva una media migliore di Montella (1,33 vs 1,00), ma con Vincenzino – dopo svariati tormenti – la squadra blucerchiata sembra avere un’idea di fondo discretamente solida, e può solo migliorare. E infine: Milan. Nessuno lo sa. Il destino è una pagina bianca, Berlusconi ha tolto la penna a Mihajlovic e l’ha data a Brocchi. DEBUTTANTI E QUALITA’. C’è una piccola novità rispetto alle passate stagioni. Questa: non si va più sull’usato sicuro, non ci si affida più al classico «aggiustatore», il tuttofare specialista in niente che però sa un po’ di tutto e che dà una mano di bianco in camera, aggiusta un rubinetto, sistema la lampadina, attacca due mensole. I presidenti non guardano più alla ordinaria manutenzione, ma osano. Si cambia quindi confidando in un presente migliore, certo, ma si pensa al futuro, o almeno si prova a immaginarlo. Brocchi e Inzaghi ne sono due esempi. Due quarantenni al debutto. O la va o la spacca. Ma se va, allora hai trovato l’uomo che fa per te. La giostra di quest’anno ci dice che trovare l’uomo giusto non è facile. L’anno scorso i cambi furono (solo) sette. Ma fu un’eccezione, negli ultimi anni viaggiamo ad una media di 13 cambi a stagione. Il record l’abbiamo centrato nel 2011- 12: 18 cambi, 22 allenatori in ballo e sempre 9 le squadre coinvolte (furono di più, 10, solo nel 2014-15). Una mattanza, o una gioia, dipende dai punti di vista. Il primato precedente (15 cambi) risaliva addirittura al 1951-52, si viveva in bianco e nero e degli allenatori molto spesso non si conosceva nemmeno il nome. Uno valeva l’altro. Più o meno quello che pensano oggi certi presidenti. Per questo li cambiano con tanta frenesia, perché il migliore, quello giusto, l’allenatore che ti cambierà la vita – l’abbiamo detto all’inizio – è sempre il prossimo”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.