Corriere dello Sport: “Impianti vecchi Abodi: «Valuto un commissario per gli stadi»”
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su alcune parole di Andrea Abodi.
Il paradosso italiano sugli stadi si può riassumere più o meno in questi termini: esiste una legge (dlgs 38/2021) che la burocrazia fatica terribilmente ad applicare, tra cavilli amministrativi, autorizzazioni mancate e procedure bibliche, ma anziché battersi per agevolare l’iniziativa privata c’è chi tenta di soffocarla. Ieri, ad esempio, in Piazza Montecitorio i Comitati “Referendum X SanSiro” di Milano, “Tardini Sostenibile” di Parma e “Stadio Pietralata, No grazie” di Roma hanno indetto una conferenza pubblica per sottoscrivere l’appello contro la cosiddetta “Legge Stadi” per «fondati dubbi di legittimità costituzionale».
Secondo i critici della norma, l’unico strumento legislativo oggi a disposizione violerebbe gli articoli 3 e 9 della Costituzione, cioè i principi di “uguaglianza e pari dignità sociale” e la “tutela del paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Certi stadi farebbero talmente male al territorio che a Tor di Valle, dove è naufragato il primo progetto della Roma, la volontà di preservare la tribuna del vecchio ippodromo (protetta da un vincolo della Soprintendenza ) ha generato una giungla urbana e una situazione di incuria e abbandono totale…
DATI. Ci sarebbe da sorridere, se la situazione non fosse grave. L’età media degli stadi in Italia è di 68 anni, il 76% degli spettatori frequenta impianti costruiti prima del ‘40 e il 90% delle strutture utilizzate nei campionati professionistici è di proprietà pubblica. Viceversa, diversi studi dimostrano come i nuovi impianti siano in grado di produrre vantaggi per l’intera collettività: i progetti oggi sui tavoli delle amministrazioni (da Roma a Cagliari, passando per Genova, Firenze, Milano e tanti altri) genererebbero un indotto di 10 miliardi in settori economici diversi dal calcio, creando circa 20 m ila posti di lavoro e garantendo un gettito fiscale di 1,5 miliardi per riqualificare aree e quartieri. L’Italia, come detto, è indietro rispetto a Paesi come Germania e Inghilterra, dove gli stadi di proprietà dei club sono rispettivamente il 70% e il 61% di quelli presenti. Ma il nostro Paese ha un’occasione chiamata Euro2032, un progetto condiviso con la Turchia. In caso di assegnazione dell’Uefa, praticamente certa non essendoci altre candidature in ballo, fare gli stadi diventerebbe un impegno concreto non rinviabile e da attuare in tempi record.
ABODI. Chiara la posizione del ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi , da noi interpellato sul tema: ha infatti p arlato della possibilità che venga nominato dal G o verno un commissario stadi per l’evento, così da registrare finalmente un cambio di passo: «Ragioneremo su questa possibilità – ha spiegato il titolare del dicastero – non per sovrapporci agli interessi territoriali, ma per uniformare il procedimento e mettere tutti nella stessa condizione e avere uno sviluppo simmetrico. Oggi il modello prevede che non ci sia uniformità. E anche quando c’è accordo, la parte burocratica amministrativa dura troppi anni». L’Europeo è un’occasione, «ma non può essere solo questa manifestazione a determinare l’effetto che auspichiamo. Il tema non riguarda solo i 6-7 stadi che ospiteranno le partite della competizione, ma tutto il sistema professionistico. La qualità di un prodotto dipende anche dalla qualità delle infrastrutture». La Premier insegna.