L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma su Ribery verso il ritiro.
Quando nel novembre di due anni fa Prandelli venne richiamato sulla panchina della Fiorentina, uno dei primi giocatori che incrociò e salutò nello spogliatoio fu Franck Ribery. Sorrise l’ex ct e sorrise il francese. Si ricordavano bene tutt’e due cosa era accaduto il 17 febbraio 2010, Bayern-Fiorentina 2-1 in Champions, con rete in chilometrico fuorigioco di Klose su assist di Olic a 2 minuti dalla fine. “Ce l’avete rubata”. Ribery, che di quel fantastico Bayern era una colonna, non potè negare. L’arbitro norvegese, il pingue Ovrebo, finì male la sua carriera. A tutti dispiace molto di più che proprio in queste ore stia finendo anche la carriera di Franck Ribery, 39 anni, francese di Boulogne sur Mer, sullo stretto di Calais, ala d’attacco ma anche trequartista e anche seconda punta (la prossima settimana annuncerà ufficialmente il ritiro ma resterà nella Salernitana come dirigente). Una classe immensa, un dribbling che ha fatto tramortire almeno un paio di generazioni di difensori, e una passione infinita per il gioco del calcio che lo ha fatto lottare per mesi e mesi prima di arrendersi all’ultimo infortunio.
INFORTUNI E STANDING OVATION. Svincolato dal Bayern, in Italia lo ha portato Rocco Commisso, ma qui da noi non ha fatto vedere il meglio di sé. Con la Fiorentina cinque gol il primo anno, due il secondo. Si è fatto male spesso, in due campionati ha giocato 40 partite in viola. Ma pur di continuare ha accettato l’offerta della Salernitana, appena promossa in A, e anche senza segnare l’ha aiutata con la sua esperienza a salvarsi con il miracolo di Nicola alla fine della stagione scorsa. Quando stava bene, era facile riconoscerne il talento. Se ne accorsero i tifosi del Milan una sera di fine settembre del 2019, quando la Fiorentina fece tre gol (a uno) al Milan. Ribery ne segnò uno da urlo, il 3-0, poco prima aveva mandato in tilt, con la stessa finta, Kessie e Musacchio che per rabbia, umiliazione e frustrazione lo aveva malamente abbattuto meritando il rosso. In mezzo, altre giocate strepitose. Così, quando Montella lo tolse dal campo, a un minuto dalla fine, per far entrare Ghezzal, tutto San Siro si alzò in piedi per un lungo, lunghissimo applauso. Il talento unisce perfino il calcio. Quella sera, il Corriere dello Sport-Stadio gli dette 8,5 in pagella con questo giudizio: “Dopo tanto tempo San Siro ha rivisto una stella, ma non indossava la maglia rossonera. Sull’1-0 riporta alla mente un altro fenomeno viola, Roberto Baggio, che proprio qui, su questo campo, tanti anni prima aveva schiantato il grande Milan di Arrigo Sacchi”.