Corriere dello Sport: “Il pallone è scomparso dal Sud”

Palermo e Brescia Cosenza e Venezia: province simili per abitanti ma confronto impari

L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul Sud sempre più assente nel calcio.

Il pallone è scomparso dal Sud. Qualcuno l’ha portato via in una notte di mezza estate, avvolta da un silenzio complice, mentre le strade si svuotavano della passione dei bambini e le società sportive chiudevano i centri, colpite dalla crisi. Dicono che il calcio sia diventato un passatempo per anziani in questa penisola che invecchia, e che i giovani preferiscano gli highlights su YouTube per riassumere in pochi minuti le emozioni di una partita. Nord, Centro e Sud condividono le stesse sfide generazionali, ma è nel Mezzogiorno che la siccità calcistica sembra più radicata, in una terra sempre più povera di campioni.

C’era una volta il Sud
Dimenticate i Selvaggi, Schillaci, Gattuso, Cannavaro, Miccoli, Cozza e Causio che hanno rappresentato il Meridione sui palcoscenici più prestigiosi, e le favole di Cavese, Foggia, Catanzaro, Bari, Avellino, Catania, Palermo e Reggina. Questi club, anche senza titoli, sono entrati nel cuore della gente. Il Lecce di Sticchi Damiani è attualmente l’ultimo baluardo del Sud in una Serie A che ha perso anche la Salernitana, mentre il Nord ha guadagnato Parma, Como e Venezia. Il Via del Mare è la “linea Maginot” di popoli che non producono più talenti, a causa dei costi elevati di affitti, utenze, trasferte e personale che stanno decimando le associazioni sportive. La riforma del lavoro sportivo, con i suoi oneri, ha rappresentato per molti la fine dell’attività.

Siccità
Tra Molise, Puglia, Basilicata, Calabria e Sicilia vivono oggi 12 milioni di persone, un quinto della popolazione italiana. Questo bacino non ha prodotto un solo calciatore per la Nazionale agli Europei in Germania. Da queste terre provengono solo 12 giocatori iscritti alla Serie A 2023-24: uno su un milione. Tra questi, quattro hanno avuto poco spazio: Borrelli e Canotto del Frosinone, Castrovilli della Fiorentina e Corona dell’Empoli. Gallo (Lecce), Viola (Cagliari), Berardi (Sassuolo) e Garritano (Frosinone) si sono distinti, insieme a Vogliacco (Genoa), Monterisi (Frosinone), Luperto e Caputo (Empoli) per la Puglia. La Sardegna resiste con 128 realtà, seguendo l’esempio dei Paesi Baschi, mentre la Campania è scesa a 81 società e ha ridotto la sua presenza in Serie A (19 calciatori nell’ultima stagione). Donnarumma e Insigne sono già lontani, Immobile è emigrato in Turchia e, insieme a Berardi, Barella, Verratti, Spinazzola e Bonucci, formavano l’ossatura della squadra campione d’Europa a Wembley tre anni fa. Li chiamavamo “scugnizzi”, in ritiro si scatenavano sulle note del tormentone “Ma qual’ diet’? Me piacene e purpett, m’ piac’ a cotolett!”, la colonna sonora del trionfo.

Divario
Il calcio, un tempo democratico, ha seguito le tendenze demografiche e socio-economiche di un Paese a due velocità. Il Pil pro capite è di 33,4 mila euro nel Centro-Nord e di 18,5 mila euro nel Mezzogiorno, con i 40 mila del Trentino Alto Adige e i 16 mila della Calabria come estremi. Nella Serie A 2024-25 Cristo si fermerà a Empoli: solo Roma, Lazio, Cagliari, Napoli e Lecce giocano a Sud del Castellani. La Lombardia ospiterà un quarto delle società (Inter, Milan, Atalanta, Monza e Como) e rappresenta quasi un quarto del Pil italiano (22%). Anche nel lavoro, il tasso di occupazione nel Nord (69,4%) è di 21 punti superiore a quello del Sud (48,2%), mentre il tasso di disoccupazione nel Meridione è tre volte superiore (14% contro 4,6%).