Tristi perché ha vinto la squadra di Zamparini? O contenti perché ha vinto il Palermo? Profonda ironia nell’interrogativo che ha coinvolto proprio tutti, nella serata del primo successo di De Zerbi e della squadra, i “pro” e i “contro”, i “Vattene Zamparini” e i “Lasciatelo lavorare”. To be or not to be? Essere o non essere? Non è questo il problema. Non può. Perché intanto il dilemma, su un pallone che rotola sia pure con implicazioni culturali e sociali, non rappresenta l’interrogativo esistenziale. Sempre calcio è come tale va trattato. Tanti anni di ritiri, gioie, polemiche, partite, gol, fallimenti, ci hanno illuminato sulla volubilità e incostanza di un mondo senza regole. Non siamo con i “pro” e neppure con i “contro”, almeno per partito preso; non siamo con Posavec o con Sorrentino, con Nestorovski o con Gilardino, con Ballardini o De Zerbi, con o contro Zamparini. Siamo con la logica dei risultati che rappresentano il calcio nel migliore dei modi. Quelli che in fondo contano, che infondono entusiasmo ai tifosi, che portano polemiche e che fanno cambiare idee da un giorno all’altro. Due esempi. Prima della sfida diretta, Allegri sugli altari, De Boer nella polvere; il giorno dopo il contrario. Come se la storia non avesse lasciato traccia. Non c’è realtà più effimera del pallone. Lo sanno tutti. In questo senso De Zerbi con i suoi quattro punti in due trasferte ha riportato l’attrito tra società e tifosi alla logica di una discussione più ampia senza preconcetti e senza atteggiamenti demagogici. Il giovane, l’ultimo arrivato che insegna il valore del sistema e il coraggio di crederci. Un coraggio che per molti rappresenta pazzia. Sarà. In fondo trovarsi davanti ai pazzi, scriveva Pirandello, sapete che significa? Voi dite “questo non può essere”; per loro invece può essere tutto”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport”.