L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” si sofferma sul grave episodio accaduto a San Siro che ha visto gli steward prendere a pugni un tifoso che ha invaso il campo.
Una scena da far west durante il derby di Milano. Hanno fatto il giro del mondo le immagini dello steward che si è scagliato contro l’invasore di campo, il quale si è divertito a passeggiare sul prato di San Siro filmando l’impresa con il proprio cellulare. Il ragazzo, dopo aver letteralmente dribblato sei addetti alla sicurezza tra gli “olè” del pubblico, è stato fermato da altri 4 steward e da un quinto che, arrivato sul luogo del placcaggio a inseguimento già terminato, l’ha colpito più volte alla schiena con dei pugni mentre il giovane era già a terra e il calciatore Theo Hernández chiedeva pietà per lui.
L’Associazione Nazionale Delegati alla Sicurezza, che rappresenta circa trentamila steward e delegati alla gestione dell’evento (Dge), ha denunciato in una nota «ogni episodio di violenza, soprattutto gratuito e immotivato», aprendo però una riflessione profonda sul ruolo dello steward. Figure sottopagate, formate non adeguatamente, non protette e, spesso, vittime a loro volta di episodi di violenza. Gli steward si occupano di bonificare l’impianto sportivo tramite un’ispezione preventiva del luogo, presidiano i varchi di accesso (controllano documenti, biglietti, perquisiscono) e accolgono lo spettatore, oltre a intervenire in caso di attività illecite sugli spalti.
«Il comportamento di alcuni steward intervenuti a San Siro è da condannare – ha spiegato Ferruccio Taroni, presidente di A.N.DE.S – perché violento e inopportuno. Detto questo, certamente stiamo parlando di una categoria di lavoratori che ancora oggi, dopo quasi 15 anni, è praticamente invisibile: senza contratto collettivo, senza inquadramento né tutela, con una retribuzione difficilmente all’altezza, nonostante turni di lavoro fuori misura e con tutte le difficoltà che l’attuale crisi sanitaria e sociale comporta». Quello dell’associazione è un grido d’allarme: «È necessario professionalizzare la figura, allargando la possibilità di esercitare anche negli spettacoli e in qualunque evento preveda la presenza di pubblico, così da permettere agli operatori di mantenere la propria famiglia col proprio lavoro. Siamo certi che un contratto collettivo a tutela del lavoratore e una formazione uniforme con un test riconosciuto a livello nazionale potrebbero aumentare la qualità e professionalità».